martedì 31 dicembre 2013

AGEVOLAZIONI ACQUISTO MOBILI ED ELETTRODOMESTICI.


Coloro che hanno effettuato (o che effettueranno per forza maggiore) interventi di ristrutturazione con spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2014 (quindi, con diritto alla detrazione del 50%) possono usufruire di un’ulteriore detrazione del 50% per l’acquisto, effettuato tra il 6 giugno 2013 e il 31 dicembre 2014, di mobili e grandi elettrodomestici di classe energetica non inferiore alla A+ (ovvero, in caso di forni, alla A) finalizzati all’arredo dell’immobile ristrutturato, fino a un importo massimo di 10mila euro per unità immobiliare ("bonus arredi").
Tra i mobili agevolabili rientrano, purché siano nuovi, letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, materassi e apparecchi di illuminazione. Si considerano invece grandi elettrodomestici, tra gli altri, frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento.

Nell’importo delle spese sostenute possono essere considerate anche quelle di trasporto e montaggio.
Il pagamento, oltre che con bonifico bancario o postale, può avvenire anche con carta di credito o di debito.


AGEVOLAZIONI ACQUISTO MOBILI ED ELETTRODOMESTICI, gianni cassetta commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, commercialista olbia, studio commerciale olbia

Proroghe versamenti per comuni investiti dall'alluvione

Da Altalex.com

I tributi, il cui pagamento è stato sospeso con DM del 30 novembre 2013, dovranno essere corrisposti tra il 24 gennaio e il 17 febbraio 2014 senza interesse né sanzioni. I soggetti debitori, che hanno subito danni in dipendenza dell’alluvione, possono ottenere, al fine di corrispondere i tributi dovuti, un finanziamento, garantito dallo Stato, la cui restituzione è spalmata in due anni.

Lo Stato si accolla i relativi interessi e spese; mentre la restituzione della sorte capitale da parte dei contribuenti dovrà avvenire secondo il piano di restituzione, le cui rate decorreranno dal 1° luglio 2014 al 31 dicembre 2015.


Decreto Legge 30.12.2013 n° 151 , G.U. 30.12.2013


Proroghe versamenti per comuni investiti dall'alluvione, commercialista olbia, gianni cassetta commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, 

sabato 21 dicembre 2013

SARDEGNA, VERSAMENTI TRIBUTARI SOSPESI DEVONO ESSERE EFFETTUATI ENTRO IL 27 DICEMBRE


dal sito del Ministero delle Finanze http://www.mef.gov.it
Gli adempimenti e i versamenti tributari sospesi nei territori della Sardegna colpiti dall’alluvione devono essere effettuati entro il 27 dicembre 2013.

Lo prevede un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, in cui viene precisato che la sospensione stabilita con il provvedimento del 30 novembre scorso si applica anche ai soggetti residenti o aventi sede operativa nei territori individuati dalle ordinanze di dicembre del Commissario delegato per l’emergenza (che hanno ampliato l’elenco dei Comuni danneggiati rispetto a quelli inseriti nell’ordinanza del 22 novembre). Anche in questi casi i versamenti e gli adempimenti devono essere effettuati entro il 27 dicembre 2013, senza l’applicazione di interessi e sanzioni.
Gli intermediari per la riscossione devono versare le somme riscosse non oltre il 31 dicembre 2013.

adempimenti tributari, commercialista olbia, commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, gianni 

venerdì 20 dicembre 2013

Termini di decadenza e di prescrizione: entro quando va notificata la cartella di pagamento ed entro quando Equitalia può iscrivere ipoteca?


Termini di decadenza e di prescrizione: entro quando va notificata la cartella di pagamento ed entro quando Equitalia può iscrivere ipoteca? Quando si prescrivono le imposte sui redditi?

In caso di mancato pagamento delle imposte sui redditi, la legge prevede termini precisi entro i quali notificare la cartella di pagamento al contribuente moroso e termini entro i quali, una volta notificato l’atto, Equitalia può procedere alla riscossione. A tal proposito occorre distinguere tra termini di decadenza e termini di prescrizione il cui mancato rispetto comporta conseguenze differenti.

L’Agenzia delle Entrate deve notificare l’avviso di pagamento per le imposte sul reddito [1] non pagate entro il 31 dicembre:
- del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata) [2];
- del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale della dichiarazione stessa.
- del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio.

Si tratta di termini di decadenza: cioè se l’Agenzia delle Entrate non notifica la richiesta di pagamento entro i termini sopra indicati, perde il potere di agire contro il contribuente attraverso la riscossione tramite ruolo. L’eventuale  notificata oltre i termini di decadenza è nulla [3].

L’Agenzia delle Entrate può, tuttavia, agire in via giudiziaria per far valere le proprie pretese purché provveda entro dieci anni dal giorno in cui il tributo è dovuto. Infatti, le imposte erariali (Irpef, Irap ecc.) si prescrivono in dieci anni [4], decorsi i quali la pretesa dell’Agenzia delle entrate si estingue e non può essere in alcun modo fatta valere.

Si distingue, dunque, tra termine di decadenza (entro il quale occorre attivare il procedimento di accertamento e di riscossione tributaria) e termine di prescrizione (entro il quale la pretesa creditoria “vive” e può essere fatta valere dal Fisco, anche in via giudiziaria).

Dal momento della notifica della cartella: il termine
Una volta notificata la cartella di pagamento nei termini, Equitalia può attivare le procedure di pignoramento (per esempio iscrizione ipotecaria) entro cinque anni dalla data delle notifica [5].

Si tratta di un ulteriore termine di prescrizione, successivo alla notifica della cartella di pagamento e decorrente da quest’ultima, entro il quale è possibile agire contro il contribuente avvalendosi dei poteri di riscossione coattiva mediante ruolo. L’eventuale pignoramento effettuato oltre il termine di cinque anni è illegittimo e il contribuente può contestarlo con opposizione all’esecuzione.

In sintesi, riepilogando, per la riscossione delle imposte sui redditi non pagate esistono i seguenti termini:
Termine di decadenza entro il quale deve essere notificata la cartella esattoriale (la notifica oltre tale termine fa decadere l’Agenzia delle Entrate dalla possibilità di agire contro il contribuente moroso avvalendosi della procedura di riscossione mediante ruolo; essa, tuttavia, potrà agire in via giudiziaria finché il tributo non si prescrive);

termine di prescrizione quinquennale entro il quale Equitalia può pignorare i beni del contribuente successivamente alla notifica della cartella;

termine di prescrizione decennale entro il quale l’Agenzia delle Entrate può pretendere, mediante riscossione o mediante azione giudiziaria, il pagamento delle imposte.


[1] Art. 25 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
[2] Nonché entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta per le somme che risultano dovute ai sensi degli articoli 19 e 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
[3] Commissione Trib. Prov. di Messina sent. n.163/8/13.
[4] Cass. sentenze n. 10590/2007, n. 6256/2003.
[5] Commissione Trib. Reg. Catania, sent. n. 496 del 22.12.2011. Cfr. anche Trib. Cosenza. sent. n. 1455/2013 dell’8.05.2013.

 Termini di decadenza e di prescrizione, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, gianni cassetta commercialista olbia, 

martedì 17 dicembre 2013

Deducibilità parziale dell’Imu già dal 2013 per imprese e professionisti


di @SandroCerato il 16/12/2013 

La Legge di Stabilità 2014 introduce interessanti modifiche riguardanti le imprese ed i professionisti, relativamente alla determinazione, rispettivamente, del reddito d’impresa o di lavoro autonomo. Tra queste, si prevede la soppressione della disposizione normativa, contenuta nell’art. 14, co. 1, del D.Lgs. n. 23/2011, secondo cui “l’imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte sui redditi e dall’imposta regionale sulle attività produttive”.
Con le novità contenute nella predetta legge di stabilità, è previsto che a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 (e, quindi, dal 2013 per la generalità delle imprese “solari” e dei professionisti), il 20% dell’Imu relativa ai fabbricati strumentali sia deducibile nella determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo (resta ferma l’indeducibilità ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive). Esclusivamente per il periodo d’imposta 2013, è previsto che la percentuale di deduzione sia innalzata al 30%.
Relativamente all’ambito applicativo della predetta disposizione, è bene evidenziare che la norma si riferisce ai soli immobili strumentali, nel cui ambito dovrebbero quindi rientrare le seguenti fattispecie per le imprese:
·    immobili strumentali per natura, che mantengono la natura strumentale anche se non utilizzati o dati in locazione o comodato (immobili classificati nelle categorie catastali A/10, B, C, D ed E);
·   immobili strumentali per destinazione, la cui strumentalità non dipende dalla categoria catastale, bensì dall’effettivo ed esclusivo utilizzo per lo svolgimento dell’attività d’impresa (si pensi, ad esempio, ad un immobile abitativo utilizzato quale sede legale o amministrativa di una società).
Relativamente agli esercenti arti o professioni, invece, l’immobile si considera strumentale solo quando è effettivamente utilizzato per lo svolgimento dell’attività professionale, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza (strumentalità per destinazione).
Da quanto descritto, deriva che rimangono esclusi dall’ambito di applicazione della disposizione in esame le seguenti fattispecie:
·    immobili “patrimonio”, di cui all’art. 90 del D.P.R. n. 917/1986, poiché non classificabili tra quelli strumentali (trattasi di immobili abitativi tenuti a disposizione da parte delle imprese);
·    immobili merce, per i quali è, tuttavia, necessario tener conto che il D.L. n. 102/2013 ha previsto l’azzeramento dell’imposta municipale a partire dal 2014, e l’esclusione da Imu anche per l’anno 2013, ma a partire dal 1° luglio 2013, purchè si tratti di immobili costruiti, destinati alla vendita e non locati.
In merito al criterio da utilizzare per la deduzione, sia pure parziale, dell’Imu dal reddito d’impresa, la disposizione in commento si limita a stabilire la deduzione dell’imposta relativa agli immobili strumentali, senza precisare se la deduzione stessa debba avvenire per competenza o per cassa. Sul punto, è necessario ricordare che l’art. 99, co. 1, del Tuir, dopo aver sancito l’indeducibilità delle imposte sui redditi e di quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, stabilisce che per le altre imposte, ossia quelle diverse da quelle indeducibili, la deduzione è ammessa nell’esercizio in cui avviene il pagamento, e quindi in base al principio di cassa. Pertanto, nella determinazione del reddito d’impresa per l’anno 2013, in Unico 2014, le imprese potranno dedurre il 30% dell’Imu pagata nel 2013 (saldo e acconto) in relazione ai fabbricati strumentali posseduti. Tale deduzione, oltre a riflettersi nel pagamento del saldo relativo al periodo d’imposta 2013, assume rilievo anche ai fini della determinazione degli acconti 2014 Ires e Irpef, non essendovi una disposizione limitativa in tal senso, anche se dal 2014 la deduzione scenderà al 20%. Per quanto riguarda, infine, i lavoratori autonomi, la deduzione avverrà anche per essi in base al generale principio di cassa di cui all’art. 54 del D.P.R. n. 917/1986, quale regola generale per la determinazione del reddito in capo a tali soggetti.

Deducibilità parziale dell’Imu già dal 2013 per imprese e professionisti, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, gianni cassetta commercialista olbia, 

giovedì 12 dicembre 2013

Nulla la cartella esattoriale priva dell’indicazione del calcolo degli interessi


da www.altalex.it Nota di Maria Elena Bagnato)

Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 21.03.2012 n° 4516
La mancata indicazione del procedimento di computo degli interessi e delle singole aliquote su base annuale, rende nulla la cartella esattoriale.
E’ quanto disposto dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 21 marzo 2012, n. 4516.
Il caso riguardava un contribuente il quale aveva impugnato la cartella di pagamento con cui  l'Ufficio di Padova aveva iscritto a ruolo le somme riportate in un avviso d'accertamento, oltre interessi. Il ricorso è stato accolto dalla CTP, e su ricorso di Equitalia Polis S.p.A., tale decisione è stata poi impugnata dinanzi alla CTR del Veneto, la quale ha statuito che la mancata sottoscrizione ed indicazione del responsabile del procedimento non invalidava la cartella, aggiungendo inoltre che l'omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi, riportati solo nel totale, violava il diritto di difesa del contribuente e pertanto rendeva parzialmente illegittima la cartella.
Avverso tali sentenze, il contribuente e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso in Cassazione. 
I Giudici di Piazza Cavour hanno respinto l’eccezione sollevata dal contribuente circa l’obbligo per l’ufficio di indicare il responsabile del procedimento visto che l’art. 7 della legge n. 212/2000, pur qualificando "tassativo" l'obbligo dell'indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell'Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione, non indica, in alcun modo, la sanzione connessa alla sua violazione.
D’altra parte, con l'unico motivo dedotto, il Fisco ha censurato che, nell'annullare la cartella esattoriale nella parte relativa agli interessi, i giudici d'appello avrebbero disatteso il principio secondo cui la cartella esattoriale notificata a seguito di accertamenti definitivi non necessita di motivazione, anche "nella parte relativa al calcolo degli interessi disciplinato puntualmente dall'art. 20 DPR n. 602/73".
La Suprema Corte ha giudicato inammissibile tale motivo di ricorso. In particolare, è stata condivisa la decisione dei giudici d'appello,  secondo i quali "nella cartella viene riportata solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza essere indicato come si è arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle varie annualità che nella fattispecie, vale sottolinearlo, essendo l'accertamento riferito all'anno d'imposta 1983, sono più di 23 anni calcolati".
Sulla scorta di tali argomentazioni, l'operato dell'ufficio era ricostruibile "attraverso difficili indagini dovute anche alla vetustà della questione" che non competevano al contribuente che subiva in tal modo, una violazione del suo diritto di difesa.
A tal riguardo, di alcun pregio sono state valutate le considerazioni svolte da parte ricorrente circa la non necessità della motivazione della cartella derivante da una sentenza passata in giudicato, né dal richiamo all'art. 20 del dPR n. 602 del 1973, essendo rilevante non la spettanza degli interessi, bensì il modo con cui è stato computato il totale contenuto nella cartella.
In conformità con la giurisprudenza di legittimità, secondo cui i motivi per i quali si richiede la cassazione devono presentare, a pena d'inammissibilità, i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 17125 del 2007), tale motivo è stato, quindi, dichiarato inammissibile.



Nulla la cartella esattoriale priva dell’indicazione del calcolo degli interessi, commercialista olbia, gianni cassetta commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia

sabato 7 dicembre 2013

Contributi a fondo perduto per la copertura di costi di gestione aziendali Sardegna

Si chiama Smart & Start il nuovo bando gestito da Invitalia per le regioni del Mezzogiorno d’Italia che dà la possibilità di accedere ad una linea di credito che consente l’avviamento di nuove imprese o il finanziamento di imprese già costituite nelle regioni di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Tutte le informazioni sul sito

http://www.smartstart.invitalia.it/site/smart/home/smart.html



Contributi a fondo perduto per la copertura di costi di gestione aziendali Sardegna, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, gianni cassetta commercialista olbia, 

venerdì 6 dicembre 2013

Nuovi moduli per danni alluvione Olbia

Il comune di Olbia ha predisposto 2 nuovi moduli:
1) Richiesta di Beni Mobili a parziale ripristino dell’arredo dell’abitazione andati distrutti dall’Alluvione;
clicca qui per scaricare il modulo
2) Modulo per il Censimento delle Auto andate Distrutte.
clicca qui per scaricare il modulo
Questi moduli vanno consegnati al protocollo in comune centrale, al corso per intenderci, in duplice copia così una rimane a voi.
per le auto da rottamare tengono in considerazione il listino auto di quattroruote; comunque presso la sede dell’aci in via nanni c’e’ uno sportello che fornisce tutte le indicazioni per chi avesse le auto danneggiate o da rottamare.

domenica 1 dicembre 2013

OLBIA: sospesi tutti i versamenti e gli adempimenti tributari

(ASCA) - Roma, 30 nov -

Nei Comuni della Sardegna colpiti dall'alluvione (individuati nell'ordinanza del 22 novembre del Commissario delegato per l'emergenza) sono sospesi tutti i versamenti e gli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamenti emesse dagli agenti della riscossione, che scadono nel periodo compreso tra il 18 novembre e il 20 dicembre 2013.

Lo prevede un decreto del ministro dell'Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, che e' stato firmato oggi.




sospensione adempimenti tributari olbia, gianni cassetta commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia

martedì 26 novembre 2013

MUTUO A TASSO USURA: CHIARIMENTI DALLA CASSAZIONE

Importanti chiarimenti da parte della Suprema Corte in tema di contratti di mutuo e interessi usurari.
Con recente pronuncia, infatti, si è chiarito che “… si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori” (sentenza Corte di Cassazione n.350 del 9/01/2013).
Con tale chiarimento, dunque, la Suprema Corte ha ribaltato la posizione dei giudici sia del Tribunale che della Corte d’Appello di Napoli, i quali sostenevano viceversa che nella contestazione dell’importo degli interessi applicati nel contratto di mutuo non dovesse essere ricompresa anche la maggiorazione del 3% prevista in caso di mora.
I giudici della Corte di Cassazione, invece, a supporto della loro decisione citano una precedente pronuncia in tema di usura della Corte Costituzionale, nella quale viene sancito che “il riferimento contenuto nel Dl n.394 del 2000, art. 1, comma 1 (ossia l’interpretazione autentica del reato di usura) agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile senza necessità di specifica motivazione l’assunto … secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori” (sentenza Corte Costituzionale n.29 del 25/02/2002).
Alla luce di quanto illustrato, pertanto, il contratto di mutuo è sicuramente nullo se le penali, le commissioni, gli interessi di mora e/o qualsiasi tipo di spesa sommate al tasso di interesse, superano la soglia dei tassi ufficiali fissati secondo i dettami della legge antiusura (legge n.108 del 1996).
Logica conseguenza in questi casi, quindi (tralasciando le ripercussioni di tipo penale nei confronti dell’istituto bancario che ha applicato tali tassi), è che gli interessi non dovranno più essere pagati poiché nulli (si veda art. 1815, comma 2, cod. Civ.) e addirittura che qualunque eventuale azione esecutiva intrapresa dalla banca erogante il mutuo (ad esempio un pignoramento immobiliare nei confronti del mutuatario e/o dei garanti dello stesso) potrebbe essere fermata.
Ci si augura dunque che tale pronuncia possa contribuire a creare migliori rapporti e maggiore trasparenza in ambito finanziario.
Da www.studiolegalesances.it 

MUTUO A TASSO USURA, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, gianni cassetta commercialista olbia, 

lunedì 11 novembre 2013

La cartella si annulla per silenzio/assenso

Fonte: Altalex.it
Dal 1° gennaio di quest’anno se il contribuente ritiene di aver ricevuto una cartella esattoriale “pazza” o comunque di subire un’azione cautelare (ad es. ipoteca, fermo amministrativo) o esecutiva (pignoramento mobiliare o immobiliare) infondata, egli potrà far sospendere immediatamente gli effetti di tale azione con una semplice istanza al concessionario della riscossione.
Inoltre, se entro duecentoventi (220) giorni dal deposito dell’istanza il contribuente non dovesse ricevere alcuna risposta, il debito tributario è da ritenersi annullato.

È questa in sintesi una delle novità più importanti previste dall’ultima legge di stabilità (legge n. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi da 537 a 544), la quale ha previsto un nuovo strumento di difesa nei confronti del concessionario della riscossione.
In pratica, la norma prevede che entro novanta giorni dalla notifica di un qualsiasi atto da parte del concessionario, il contribuente possa fermare tale azione con una semplice istanza.
Al fine di comprendere meglio la portata della norma, si consiglia di leggere l’articolo 1, comma 537, della legge sopra indicata laddove prevede espressamente che i “concessionari per la riscossione SONO TENUTI A SOSPENDERE IMMEDIATAMENTE ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore…”.
A seguito del deposito della dichiarazione al concessionario, dunque, quest’ultimo è tenuto ad avvisare entro dieci giorni l’ente competente – che potrebbe essere, ad esempio, a seconda del debito, l’INPS per i contributi previdenziali, l’Agenzia delle Entrate per i tributi, gli enti locali per le sanzioni amministrative, etc… – il quale a sua volta deve rispondere al contribuente entro sessanta giorni (comma 539).
Ovviamente, come già anticipato, la parte più importante della norma è sicuramente quella che stabilisce le conseguenze derivanti dalla mancata risposta dell’ente impositore.
Infatti, il comma 540 prevede che “trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite … SONO ANNULLATE DI DIRITTO…”.
Alla luce di ciò, ci si può rendere conto della portata profondamente innovativa di questa legge che senza dubbio modifica radicalmente il rapporto tra cittadini e gli enti impositori, in quanto questi ultimi sono costretti ora a valutare attentamente i rilievi effettuati e a rispondere entro termini perentori, pena la cancellazione delle pretese (indipendentemente dal fatto se esse siano legittime o meno).
Per maggiore chiarezza, si ritiene opportuno un esempio.
Si pensi a un cittadino che ritenga erroneamente di aver ricevuto una cartella “pazza”, perché convinto (sbagliando) che le imposte richieste siano prescritte. Ebbene, nonostante il cittadino abbia sostanzialmente effettuato un’istanza errata, essa produrrà comunque due conseguenze:
1.      la sospensione di qualsiasi azione del concessionario sino alla risposta dell’Agenzia delle Entrate al contribuente;
2.      eventualmente anche la cancellazione della cartella nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate non riuscisse a rispondere entro duecentoventi giorni.
Pertanto, al fine di evitare situazioni patologiche, tutti gli uffici sono chiamati a fare un notevole sforzo, il quale però è sicuramente giustificato dalla finalità della norma volta a tutelare tutti quei contribuenti vittime di azioni illegittime e che hanno necessità di tutela immediata.

D’altronde, è bene far presente che prima di questa norma il contribuente non aveva alcuna possibilità di fermare l’azione esecutiva del concessionario se fondata su debiti tributari illegittimi (si veda l’art. 57 del DPR 602/73) e quindi non poteva fare altro che chiedere il risarcimento dei danni alla fine della procedura (art. 59 del DPR 602/73).
Ci si augura, dunque, che tutto ciò possa contribuire a migliorare i rapporti tra il contribuente e il concessionario della riscossione.

La cartella si annulla per silenzio/assenso, gianni cassetta commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, 

Equitalia deve tirar fuori le cartelle non notificate al contribuente che teme pignoramenti presso terzi

Fonte: Dario Ferrara www.cassazione.net
Il divieto di accesso nei procedimenti tributari non vale dopo l’accertamento: in un mese il concessionario deve dar copia degli atti che l’impresa sostiene di non avere mai ricevuto
Fuori le carte. Equitalia ha un mese di tempo per mostrare al contribuente la cartelle esattoriali che il destinatario sostiene di non aver mai ricevuto in notifica, ma della quali è venuto egualmente a conoscenza. Il divieto di accesso agli atti dei procedimenti tributari deve ritenersi valido fino a quando non è emesso l’accertamento, ma non dopo, visto che viene meno l’esigenza della segretezza. E ciò in base a un’interpretazione costituzionalmente orientata della legge sulla trasparenza, secondo cui l’inaccessibilità agli atti deve ritenersi limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario. È quanto emerge dalla sentenza 4821/13, pubblicata dalla quarta sezione del Consiglio di Stato, che prosegue sulla linea della trasparenza sposata dai giudici amministrativi sui rapporti cittadino-Fisco (cfr. “Ora Equitalia tira fuori le carte e i nomi di chi ha iscritto le ipoteche per crediti sotto gli 8 mila euro”, pubblicata il 19 marzo scorso).
Diritto di difesa
Il concessionario non soltanto dovrà esibire le copie delle cartelle, ma dovrà dimostrare anche di avere notificato gli atti alla società, che sostiene di avere appreso in modo informale che il Fisco era sulle sue tracce. E ora teme che con l’ingresso in campo dell’agente della riscossione possa scattare da un momento all’altro un pignoramento presso terzi. È lo stesso articolo 26, comma 4, del Dpr 602/73 a stabilire che l’ex esattore, a richiesta del contribuente, ha l’obbligo di esibire copia della cartella, che deve essere conservata per cinque anni (almeno nella matrice). Senza dimenticare, poi, che la cartella esattoriale è il presupposto di procedure esecutive: la richiesta di accesso risulta dunque strumentale alla tutela dei diritti del contribuente e in ultima analisi al suo diritto di difesa; un eventuale diniego, osservano i giudici di Palazzo Spada, si porrebbe quindi in contrasto con il principio che garantisce la tutela giurisdizionale, indicato dalla Carta fondamentale. Inutile poi per Equitalia trincerarsi dietro la presunta tardività del ricorso originario, che invece risulta regolarmente proposto entro i trenta giorni dal termine in cui si era formato il silenzio avverso la richiesta di accesso.

Equitalia Pignoramenti, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, gianni cassetta commercialista olbia, 


Equitalia, dopo le 120 rate spunta l'ipotesi di chiudere i conti senza sanzioni e interessi


Equitalia cantiere aperto. La firma del ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, sul decreto (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» di venerdì 8 novembre) che attua la rateazione fino a 10 anni dei debiti da riscuotere non è l'ultimo atto dell'operazione per "spuntare le unghia" all'agente della riscossione. Il decreto del fare (Dl 69/2013) convertito la scorsa estate ha introdotto una serie di misure per tutelare maggiormente i contribuenti dalle azioni forti: dall'impignorabilità dell'abitazione principale e dei beni strumentali (vale a dire quelli utilizzati nell'attività d'impresa o di lavoro autonomo) alla possibilità di saltare otto rate (prima erano due) senza decadere dal piano di rateazione. Ora però spunta anche l'ipotesi di introdurre una via d'uscita soft per il pagamento delle cartelle emesse negli ultimi cinque anni. 
Una mano tesa soprattutto verso i contribuenti con maggiori difficoltà a pagare. Non a caso già da tempo è stato riconosciuto come il peso maggiore che fa lievitare il conto è proprio quello delle sanzioni e interessi. Facciamo un esempio. Un avviso di accertamento che contesta un importo complessivo di 8.259 euro ricevuto il 2 dicembre 2011 e non pagato entro la scadenza di fine gennaio 2012 rischia di far salire il conto già di mille euro a distanza di circa sei mesi, dopo che l'agente della riscossione ha preso in carico la riscossione e ha preso inviato la cartella a metà aprile. Ma come è possibile? Le sanzioni e gli interessi scattano automaticamente in base alle norme attuali e aumentano poi l'importo da dover pagare. La soluzione circolata in ambienti parlamentari agirebbe proprio su queste due componenti.
Del resto, però, non va dimenticato che resta ancora aperta la partita dell'aggio, ossia il corrispettivo che Equitalia e gli altri concessionari percepiscono per l'attività di riscossione svolta. Il decreto del fare (Dl 69/2013) aveva anticipato alla fine di settembre il termine entro cui avrebbe dovuto essere attuata la revisione dei parametri di determinazione dell'aggio: parametri che dovrebbero garantire al contribuente un onere inferiore a quello attuale. Al momento, però, tutto tace e i contribuenti devono fare i conti - letteralmente - con i vecchi parametri per il calcolo della somma che spetta all'agente della riscossione e che contribuisce a far aumentare l'importo complessivo da pagare, insieme al carico degli interessi. Il decreto sulla spending review dello scorso anno (Dl 95/2012) aveva già previsto una riduzione dell'aggio sui ruoli emessi dal 1° gennaio 2013 dal 9 all'8 per cento. Governo e Parlamento hanno deciso di intervenire sulla percentuale, mettendolo nero su bianco nel decreto del fare della scorsa estate. Finora la scadenza fissata è passata invano. Tra l'altro i giudici tributari di Roma, Torino e Latina hanno sollevato alla Consulta il problema della costituzionalità perché la quota a carico del contribuente non è legata al costo del servizio.
Rateizzazione delle cartelle fino a 120 rate, gianni cassetta commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, 

Rateizzazione delle cartelle fino a 120 rate, emanato il decreto attuativo del “decreto del fare”

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.M. 6 novembre 2013Apri in altra finestra si dà attuazione alle novità introdotte dall'art. 52, comma 3Apri in altra finestra, del c.d. “Decreto del Fare” (D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98Apri in altra finestrain materia di rateizzazione di somme iscritte a ruolo.

In particolare, è prevista la possibilità di rateazione fino a 120 rate mensili in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica.
La DISCIPLINA della RATEIZZAZIONE di SOMME ISCRITTE a RUOLO
A - PIANO di RATEAZIONE ORDINARIO (1)
Su richiesta del contribuente, in caso di temporanea situazione di obiettiva difficoltà, l'agente della riscossione può concedere la rateizzazione fino ad un massimo di 72 rate mensili. (2)
Art. 19, comma 1Apri in altra finestra, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602
B - PIANO di RATEAZIONE in PROROGA ORDINARIO (3) (4)
In caso di comprovato peggioramento della situazione di cui sopra, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a 72 mesi. (2)

Attenzione
Tale possibilità opera a condizione che non sia intervenuta decadenza.

Art. 19, comma 1-bisApri in altra finestra, D.P.R. n. 602/1973
C - PIANO di RATEAZIONE STRAORDINARIO (1)
Nei casi in cui il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, la rateazione di cui alla lettera A può essere aumentata fino a 120 rate mensili.
Art. 19, comma 1-quinquiesApri in altra finestra, D.P.R. n. 602/1973, introdotto dall'art. 52, comma 1, lettera a), n. 1)Apri in altra finestra , D.L. 69/2013, conv. con legge n. 98/2013
D - PIANO di RATEAZIONE in PROROGA STRAORDINARIO (3) (4)
Nei casi in cui il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, la rateazione di cui alla lettera B può essere aumentata fino a 120 rate mensili.

Attenzione
Il mancato accoglimento della richiesta non preclude la possibilità di chiedere un piano di rateazione ordinario, anche in proroga.

(1) In sede di richiesta di un piano di rateazione, il debitore può chiedere alternativamente un piano di rateazione ordinario (fino a 72 rate) o un piano di rateazione straordinario (fino a 120 rate).
(2) Il debitore può chiedere che il piano di rateazione preveda, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno (art. 19, comma 1-ter, D.P.R. n. 602/73).
(3) In sede di richiesta di proroga di un piano di rateazione ordinario, il debitore può chiedere alternativamente un piano di rateazione in proroga ordinario (fino a 72 rate) o un piano di rateazione in proroga straordinario (fino a 120 rate).
(4) In sede di richiesta di proroga di un piano di rateazione straordinario, il debitore può chiedere alternativamente un piano di rateazione in proroga ordinario (fino a 72 rate) o un piano di rateazione in proroga straordinario (fino a 120 rate).
“COMPROVATA e GRAVE SITUAZIONE di DIFFICOLTÀ”
È la situazione in cui ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
accertata impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento del credito tributario secondo un piano di rateazione ordinario;
solvibilità del contribuente, valutata in relazione al piano di rateazione concedibile.
DECADENZA
In caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di 8 rate, anche non consecutive, il debitore decade automaticamente dalla rateazione e l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione e il carico non può più essere  rateizzato (art. 19, comma 3Apri in altra finestra, D.P.R. n. 602/1973, modificato dall'art. 52, comma 1, lettera a), n. 2)Apri in altra finestra , del D.L. n. 69/2013).

PIANI STRAORDINARI
Affinchè un piano straordinario di rateizzazione possa essere concesso, occorre che:
la situazione sia attestata dal debitore attraverso un'istanza motivata, da produrre all'agente della riscossione;
ricorrano congiuntamente due condizioni:
l'accertata impossibilità di eseguire il pagamento del debito tributario secondo un piano ordinario;
la solvibilità del debitore stesso, valutata in relazione al piano di rateazione concedibile.

SUSSISTENZA DELLE CONDIZIONI
Entrambe le condizioni sussistono nelle seguenti ipotesi:

CONTRIBUENTE
IMPORTO della RATA
PERSONE FISICHE
Superiore al 20 per cento del reddito mensile del nucleo familiare del richiedente, avuto riguardo all'Indicatore della Situazione Reddituale (Isr), rilevabile dall'Isee.

Attenzione
L'Isee dev'essere allegato all'istanza.

DITTE INDIVIDUALI in REGIME SEMPLIFICATO
ALTRI SOGGETTI
Superiore al 10 per cento del valore della  produzione, rapportato su base mensile e individuato sulla base dell'art. 2425, numeri 1), 3) e 5)Apri in altra finestra, c.c..

Indice di liquidità [(Liquidità differita + Liquidità corrente) / Passivo corrente]: dev'essere compreso tra 0,50 ed 1.

Attenzione
La documentazione contabile aggiornata dev'essere allegata all'istanza.


Numero delle rate
Dev'essere modulato sulla base del rapporto esistente tra la rata e il reddito o il valore della produzione, secondo le tabelle A e B allegate al D.M. 6 novembre 2013Apri in altra finestra.

PIANI GIÀ ACCORDATI
I piani di rateazione ordinari (anche di rateazione in proroga) che siano già stati rilasciati possono essere aumentati fino a 120 rate.

Riferimenti normativi:
D.M. 6 novembre 2013Apri in altra finestra;
D.L. 21 giugno 2013, n. 69Apri in altra finestra, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, art. 52, comma 3Apri in altra finestra .

Rateizzazione delle cartelle fino a 120 rate, studio commerciale olbia, studio commerciale gianni cassetta, gianni cassetta commercialista olbia, 

mercoledì 23 ottobre 2013

VIES: Autorizzazione per le operazioni intracomunitarie

Di Gianni Cassetta, commercialista ad Olbia

La pubblicazione dei Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (del 29 dicembre 2010 Prot. n. 2010/188376 e Prot. n. 2010/188381) ha dato di fatto attuazione all’obbligo previsto dal D.L. n. 78/2010, cioè  l’obbligo per un Soggetto Passivo Iva di dichiarare la propria volontà di porre in essere operazioni intracomunitarie. Ciò sostanzialmente al fine di contrastare le frodi Iva in ambito comunitario rispondendo così alle sollecitazioni espresse dalla Commissione europea al riguardo.
Il Provvedimento 29 dicembre 2010 Prot. n. 2010/188376 ha stabilito che i soggetti che iniziano un’attività in Italia (inclusi, sembra doversi ritenere, i rappresentanti IVA di soggetti non residenti), oppure vi istituiscono una stabile organizzazione, se intenzionati ad effettuare le operazioni intracomunitarie di cui al titolo II, capo II, del D.L. n. 331/1993, devono essere autorizzati dall’Agenzia delle Entrate.
L'inserimento nell'archivio Vies è subordinato alla presentazione della domanda/comunicazione scritta all’Agenzia delle Entrate competente per territorio per la richiesta di iscrizione nell'archivio da parte dell’ineteressato.
Dopo il deposito del modello di richiesta di iscrizione nell'archivio scatta un periodo di 30 giorni, durante il quale non possono essere validamente effettuate operazioni comunitarie: tale periodo di 30 giorni di attesa è obbligatorio e non consente nessuna operazione, ne attiva ne passiva.
L’Agenzia delle Entrate, durante questi 30 giorni, effettua controlli e verifiche sull’azienda che ha richiesto l’iscrizione al VIES; qualora emergano elementi di rischio relativi a finalità evasive o di frode, procederà ad emettere un provvedimento motivato di rifiuto dell'iscrizione. A seguito del rifiuto dell'Agenzia, al contribuente sarà precluso l'inserimento nell'archivio Vies.
Al contrario, se non vi sono comunicazioni, il soggetto richiedente sarà incluso automaticamente nell'archivio Vies a partire dal trentunesimo giorno successivo alla presentazione dell'istanza.
Posto dunque che l’iscrizione al VIES fugherebbe ogni problematica, ci si potrebbe porre l’interrogativo di cosa potrebbe accadere qualora non si procedesse alla iscrizione nell’archivio VIES, ovvero se tale iscrizione venisse respinta dall’Agenzia delle Entrate.
Ebbene in primis la mancata iscrizione VIES del soggetto comunitario non certo fa venire meno la sua qualifica di soggetto passivo IVA; questo sebbene la Circolare n. 39/E del 1° agosto 2011 abbia chiarito, riferendosi ai soggetti passivi stabiliti in Italia, che l’omessa iscrizione in tale archivio fa venire meno lo status di soggetto passivo IVA.
Per confutare ciò si deve fare ricorso alla costante giurisprudenza della Corte di giustizia europea (si veda per esempio, la Sentenza del 27 settembre 2007, causa C-146/05); con questa giurispudenza di merito la Corte - con specifico riferimento alle cessioni intracomunitarie di beni - ha stabilito che tutti i provvedimenti adottati dai paesi che dovessero prevedere degli obblighi di forma relativi alla contabilità, alla fatturazione, alla presentazione degli elenchi INTRASTAT, nonché alle prove che i soggetti passivi sono tenuti a fornire per beneficiare del regime della non imponibilità, non devono eccedere quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e non possono quindi essere utilizzati in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’IVA, che costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa comunitaria in materia.
In buona sostanza la Corte di giustizia europea ha statuito un principio fondamentale in base al quale “… un provvedimento nazionale che essenzialmente subordini il diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria al rispetto di obblighi di forma senza prendere in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano soddisfatti, eccede quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta …”.
È importante dunque sapere che dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea emerge che se una cessione soddisfa le condizioni previste dall’art. 28-quater, punto A, lettera ), comma 1, della VI Direttiva, nessuna IVA è dovuta per tale genere di cessione.
Alle stesse conclusioni perviene anche la Suprema Corte di Cassazione attraverso le Sentenze del 28 maggio 2007, nn. 12454 e 12455; in queste sentenze si afferma che “… la tesi avanzata dall’Amministrazione, secondo cui diverrebbero imponibili le operazioni di cessione per il solo fatto che la società abbia omesso di indicare in fattura il codice identificativo del cessionario estero intracomunitario, si pone in aperto contrasto non solo con le disposizioni del DL n. 331/1993 [artt. 41, comma 1, lett. a), e 50, comma 1] che non contengono tale esplicita comminatoria ma anche con i principi di diritto comunitario secondo i quali non può la medesima operazione essere assoggettata ad imposizione sia nel paese di origine dei beni che in quello di destinazione degli stessi, con un’inammissibile duplicazione d’imposta”.
Ebbene è da evidenziare che proprio in una recente sentenza (la C-273/11, emessa in data 6 settembre 2012) la Corte di giustizia dell’Unione Europea mette ancora una volta in dubbio la posizione dell’Agenzia delle Entrate italiana che nega la possibilità di effettuare, da parte del soggetto passivo IVA, operazioni intracomunitarie nel caso in cui non vi fosse la preventiva iscrizione al VIES.
La Corte infatti afferma che “l’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’art. 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/88, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima”.
Un’altra sentenza della Corte di Giustizia UE (causa C-284/11del 12 luglio 2012) ha asserito come la mancata registrazione ai fini IVA di un operatore economico non possa comunque privarlo del diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte, se sussistono tutti i presupposti sostanziali per il suo esercizio. I giudici europei, in particolare, hanno sottolineato come l’obbligo di dichiarare l’inizio della propria attività (VIES) non sia di per un elemento costitutivo del diritto alla detrazione per il soggetto passivo, ma solo una formalità richiesta per effettuare i necessari controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Interessante poi è senza dubbio la causa C-324/11 sempre della Corte Europea, la quale si è concentrata sulla nozione di “soggetto passivo” delineata dall’art. 9, par. 1, Direttiva 2006/112.
Secondo tale sentenza viene considerato “soggetto passivo” - ai sensi dell’art. 9, par. 1 Direttiva 2006/112 - chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, a prescindere dallo scopo o dai risultati dell’attività medesima.
Tale nozione di “soggetto passivo” è definita in modo ampio, sulla base di circostanze di fatto; da essa di certo non risulta che lo status di soggetto passivo dipenda da una qualsivoglia autorizzazione o licenza concessa dall’Amministrazione ai fini dell’esercizio di un’attività economica (a parte il rilascio della Partita Iva o di analogo elemento identificativo).
Secondo la Corte infatti, ancorché la Direttiva 2006/112 dispone che ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, il cambiamento e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo, tuttavia l’iscrizione VIES non può costituire una condizione supplementare richiesta ai fini del riconoscimento dello status di soggetto passivo ai sensi dell’art. 9, par. 1, della stessa Direttiva.
Vi sono poi ulteriori Sentenze che di fatto risultano essere tutte in forte contrasto con quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria italiana.
In conclusione, sebbene la richiesta della preventiva iscrizione al VIES sia una ennesima burocratizzazione della vita di un soggetto passivo, conviene sempre predisporre la domanda da presentare all’Agenzia delle Entrate competente; nel caso però in cui venisse emesso un avviso di accertamento nei confronti dei contribuenti per la mancata iscrizione al VIES (andando di fatto a rideterminare il luogo di tassazione IVA) sembra ragionevole presentare ricorso alla competente Commissione Tributaria.


VIES: Autorizzazione per le operazioni intracomunitarie, studio commerciale olbia, studio commerciale gianni cassetta, 

sabato 5 ottobre 2013

Tre infrazioni: due prima, una dopo, a legge operativa. Ok alla chiusura

Pubblicata su FiscoOggi.it (http://www.fiscooggi.it)

Siamo nell’ambito della norma che prevedeva la sospensione dell’esercizio dell’attività in caso di tripla
mancata emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale In materia di sanzioni amministrative tributarie, l’articolo 12, comma 2, Dlgs 471/1997, trova applicazione anche qualora le prime due infrazioni siano state commesse in data anteriore all’entrata in vigore del decreto, purché la terza avvenga sotto la
vigenza della nuova disposizione.

Per l'applicazione della sanzione, inoltre, i presupposti sono il compimento di tre distinte violazioni nel quinquennio – il cui dies a quo va identificato nel giorno in cui è commessa la prima – e il definitivo accertamento di esse in tempi diversi.
Infine, la disciplina sanzionatoria richiamata ha carattere speciale, per cui la sua applicazione non è impedita dalla definizione agevolata, ex articolo 16, comma 3, Dlgs 472/1997.
Questi, in sintesi, i principi di diritto enunciati dalla Cassazione nella pronuncia n. 21565 del 20 settembre.
I fatti in causa La controversia concerneva l'impugnazione di un avviso di irrogazione sanzioni, ex articolo 12, comma 2, Dlgs 471/1997, per mancata emissione di scontrini fiscali per tre volte in un quinquennio.
La Ctp accoglieva le eccezioni della parte privata; di contro, la Ctr si mostrava favorevole alle argomentazioni del Fisco.

Il contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi di diritto:
1. commissione di due violazioni su tre prima dell'entrata in vigore della disposizione richiamata
2. mancata considerazione del definitivo accertamento delle violazioni, ai fini della recidiva
3. non irrogabilità della sanzione accessoria, in caso di definizione agevolata di quella principale.
Le motivazioni della sentenza I giudici di legittimità considerano tutti i motivi di ricorso infondati.
Quanto al primo, la Cassazione enuncia il seguente e chiaro principio: “la sanzione della chiusura dell'esercizio commerciale … si applica in tutti i casi in cui la terza delle suddette infrazioni sia stata commessa dopo l'entrata in vigore del … D.Lgs. 471/97 ed entro cinque anni dalla prima, a nulla rilevando che le due infrazioni precedenti siano state commesse prima dell'entrata in vigore della norma sanzionatoria”.
In sostanza, l’illecito è consumato al momento della commissione della terza violazione, “… sicché non si verte in un'ipotesi di successione di norme sanzionatorie o di applicazione di quella più favorevole” (cfr Cassazione, pronuncia 29388/2008).
In ordine alla seconda doglianza, prosegue la Corte, la sanzione è prevista “qualora siano state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio”. Dunque, elemento sufficiente è che le violazioni si verifichino in tre momenti distinti, in mancanza dei presupposti per l’applicazione degli istituti del concorso ovvero della continuazione.
In ultimo, conferma il principio secondo cui l’articolo 12 del Dlgs 471/1997 è norma speciale: di conseguenza, l'irrogazione della sanzione in esame non è osteggiata dalla definizione agevolata prevista dall'articolo 16, comma 3, Dlgs 472/1997 (cfr Cassazione, n. 2439/2007 e successive conformi).
Conclusioni Anzitutto, premettiamo che la sanzione in argomento è stata modificata dal legislatore della Finanziaria 2008 (legge 244/2007) che, in un’ottica di contenimento del rigorismo sanzionatorio, richiede oggi quattro, e non più tre, distinte violazioni dell’obbligo di emettere scontrino o ricevuta fiscale per irrogare le sanzioni accessorie.
Tra i principi di diritto espressi dalla Cassazione, focalizziamo ora la nostra attenzione sul rapporto tra la sanzione di cui abbiamo finora parlato (articolo 12 del Dlgs 471/1997) e la previsione di cui all'articolo 16, comma 3, Dlgs 472/1997, la quale dispone che “la definizione agevolata” – ossia il “pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata”, “comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali”, entro il termine per proporre ricorso – “impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie”.
Ebbene, il ricorrente riteneva che la definizione agevolata impedisse l’irrogabilità della sanzione accessoria della chiusura dell'attività. Tuttavia, proprio in base all’orientamento consolidato della Cassazione, prevale la norma sanzionatoria speciale. In caso contrario, il principio “lex specialis derogat generali”, fondante il nostro ordinamento giuridico, sarebbe inopinatamente trasgredito, per far prevalere una sorta di “favor rei” non prevista dalla normativa di riferimento.

Martino Verrengia

gianni cassetta commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, 

Gli “appunti” dell’imprenditore bastano a individuare l’evasione

Pubblicata su FiscoOggi.it (http://www.fiscooggi.it)

Anche un mero “manoscritto” rientra, infatti, tra le scritture contabili che rappresentano la situazione
patrimoniale dell’azienda e il risultato economico dell’attività
La contabilità in nero, che può ben essere costituita da appunti scritti a mano
dall'imprenditore, ha valore probatorio e, pertanto, legittima di per sé, e a prescindere
dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all'accertamento induttivo di
cui all'articolo 39 del Dpr 600/1973.
Questo il principio di diritto stabilito dalla sezione tributaria della Corte di cassazione,
con la sentenza 4126 del 20 febbraio.

I fatti
La controversia verteva su un avviso di accertamento notificato a una società, che
svolgeva l'attività di commercio di opere d'arte, fondato sugli esiti di un pvc della
Guardia di finanza, la quale aveva rinvenuto, in sede di accesso, alcuni appunti
manoscritti dal rappresentante legale della stessa società, in cui vi erano annotate
numerose opere, nonché il loro valore di svariati miliardi di lire.
Sia una Ctp toscana sia la Ctr competente propendevano per le doglianze della contribuente, ritenendo che il manoscritto rinvenuto fosse un “mero indizio”, da corroborare – da parte dell'ufficio – con altri accertamenti, quali il controllo della contabilità, senza che potesse essere utilizzato come prova certa, tenuto anche conto della circostanza che taluni dei beni indicati si trovavano nell'abitazione del rappresentante legale e non presso la sede della società.
L'Agenzia delle Entrate ricorreva per cassazione, eccependo, in sostanza, la violazione degli articoli 54 del Dpr 633/1972, e 39 del Dpr 600/1973, per aver la Ctr Toscana disconosciuto valore probatorio alla documentazione extracontabile, rinvenuta presso la sede sociale e pacificamente attribuibile al rappresentante legale della società accertata, e aver attribuito valenza dirimente al luogo dove si trovavano fisicamente le opere d'arte.

La sentenza
La Corte suprema, nell'accogliere il ricorso dell'ufficio, osserva come la “contabilità in nero”, che può essere costituita da appunti manoscritti dell'imprenditore, rappresenti un valido elemento indiziario, dotato di quei requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dall'articolo 39, Dpr 600/1973, e previsti dalla norma civilistica di cui all'articolo 2729 cc, per fondare di per sé un avviso di accertamento, senza che l'ufficio debba addurre ulteriori elementi.
Di conseguenza, richiamando la propria giurisprudenza precedente (cfr pronuncia 24051/2011), la Cassazione precisa come l'onere probatorio si sposti sul contribuente, che deve introdurre nel procedimento idonee prove contrarie rispetto alla “contabilità in nero”, se intende resistere alla prova presuntiva rinvenuta dall'ufficio. Quindi, il giudice del merito non può ritenere “probatoriamente irrilevante” la documentazione reperita, “senza che a tale conclusione conducano l'analisi dell'intrinseco valore delle indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti econ quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente” (cfr Cassazione, pronunce 19329/2006 e 3388/2010).
Infine, la Cassazione si premura di indicare come il fatto che parte dei beni indicati negli appunti si trovassero nell'abitazione del rappresentante legale della società e non nella sede sociale fosse “circostanza di per sé sola inidonea a dimostrare la non riferibilità dei beni stessi all'attività esercitata dalla società”.

Brevi riflessioni
Dall'analisi della pronuncia si può dedurre come il rinvenimento di “contabilità in nero” non abbia mero carattere indiziario ma rappresenti una piena e bastevole prova presuntiva di evasione. Anche il semplice “appunto manoscritto” rientra, infatti, tra le scritture contabili disciplinate dagli articoli 2709 e seguenti del codice civile, norme in cui devono essere ricompresi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore e il risultato economico dell'attività svolta (cfr Cassazione, pronuncia 5947/2009).
Ovviamente, l'interprete deve appurare che la “contabilità in nero” sia attendibile, anche rispetto agli altri dati acquisiti o che comunque emergano dalla contabilità ufficiale, pena, altrimenti, la sua irrilevanza.
In tal caso, al rinvenimento di documenti non ufficiali, è il contribuente che deve giustificarsi e opporre valide ragioni che 1destituiscano di fondamento la presunta veridicità della documentazione occultata, sconfessandone il valore o, meglio, adducendo ulteriori e diversi elementi, anche presuntivi. Se non ne è in grado, non può che trovare accoglimento la ricostruzione effettuata dall'ufficio, pur fondata unicamente su documenti extracontabili.

 studio commerciale olbia, studio commerciale gianni cassetta,