martedì 26 novembre 2013

MUTUO A TASSO USURA: CHIARIMENTI DALLA CASSAZIONE

Importanti chiarimenti da parte della Suprema Corte in tema di contratti di mutuo e interessi usurari.
Con recente pronuncia, infatti, si è chiarito che “… si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori” (sentenza Corte di Cassazione n.350 del 9/01/2013).
Con tale chiarimento, dunque, la Suprema Corte ha ribaltato la posizione dei giudici sia del Tribunale che della Corte d’Appello di Napoli, i quali sostenevano viceversa che nella contestazione dell’importo degli interessi applicati nel contratto di mutuo non dovesse essere ricompresa anche la maggiorazione del 3% prevista in caso di mora.
I giudici della Corte di Cassazione, invece, a supporto della loro decisione citano una precedente pronuncia in tema di usura della Corte Costituzionale, nella quale viene sancito che “il riferimento contenuto nel Dl n.394 del 2000, art. 1, comma 1 (ossia l’interpretazione autentica del reato di usura) agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile senza necessità di specifica motivazione l’assunto … secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori” (sentenza Corte Costituzionale n.29 del 25/02/2002).
Alla luce di quanto illustrato, pertanto, il contratto di mutuo è sicuramente nullo se le penali, le commissioni, gli interessi di mora e/o qualsiasi tipo di spesa sommate al tasso di interesse, superano la soglia dei tassi ufficiali fissati secondo i dettami della legge antiusura (legge n.108 del 1996).
Logica conseguenza in questi casi, quindi (tralasciando le ripercussioni di tipo penale nei confronti dell’istituto bancario che ha applicato tali tassi), è che gli interessi non dovranno più essere pagati poiché nulli (si veda art. 1815, comma 2, cod. Civ.) e addirittura che qualunque eventuale azione esecutiva intrapresa dalla banca erogante il mutuo (ad esempio un pignoramento immobiliare nei confronti del mutuatario e/o dei garanti dello stesso) potrebbe essere fermata.
Ci si augura dunque che tale pronuncia possa contribuire a creare migliori rapporti e maggiore trasparenza in ambito finanziario.
Da www.studiolegalesances.it 

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lunedì 11 novembre 2013

La cartella si annulla per silenzio/assenso

Fonte: Altalex.it
Dal 1° gennaio di quest’anno se il contribuente ritiene di aver ricevuto una cartella esattoriale “pazza” o comunque di subire un’azione cautelare (ad es. ipoteca, fermo amministrativo) o esecutiva (pignoramento mobiliare o immobiliare) infondata, egli potrà far sospendere immediatamente gli effetti di tale azione con una semplice istanza al concessionario della riscossione.
Inoltre, se entro duecentoventi (220) giorni dal deposito dell’istanza il contribuente non dovesse ricevere alcuna risposta, il debito tributario è da ritenersi annullato.

È questa in sintesi una delle novità più importanti previste dall’ultima legge di stabilità (legge n. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi da 537 a 544), la quale ha previsto un nuovo strumento di difesa nei confronti del concessionario della riscossione.
In pratica, la norma prevede che entro novanta giorni dalla notifica di un qualsiasi atto da parte del concessionario, il contribuente possa fermare tale azione con una semplice istanza.
Al fine di comprendere meglio la portata della norma, si consiglia di leggere l’articolo 1, comma 537, della legge sopra indicata laddove prevede espressamente che i “concessionari per la riscossione SONO TENUTI A SOSPENDERE IMMEDIATAMENTE ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore…”.
A seguito del deposito della dichiarazione al concessionario, dunque, quest’ultimo è tenuto ad avvisare entro dieci giorni l’ente competente – che potrebbe essere, ad esempio, a seconda del debito, l’INPS per i contributi previdenziali, l’Agenzia delle Entrate per i tributi, gli enti locali per le sanzioni amministrative, etc… – il quale a sua volta deve rispondere al contribuente entro sessanta giorni (comma 539).
Ovviamente, come già anticipato, la parte più importante della norma è sicuramente quella che stabilisce le conseguenze derivanti dalla mancata risposta dell’ente impositore.
Infatti, il comma 540 prevede che “trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite … SONO ANNULLATE DI DIRITTO…”.
Alla luce di ciò, ci si può rendere conto della portata profondamente innovativa di questa legge che senza dubbio modifica radicalmente il rapporto tra cittadini e gli enti impositori, in quanto questi ultimi sono costretti ora a valutare attentamente i rilievi effettuati e a rispondere entro termini perentori, pena la cancellazione delle pretese (indipendentemente dal fatto se esse siano legittime o meno).
Per maggiore chiarezza, si ritiene opportuno un esempio.
Si pensi a un cittadino che ritenga erroneamente di aver ricevuto una cartella “pazza”, perché convinto (sbagliando) che le imposte richieste siano prescritte. Ebbene, nonostante il cittadino abbia sostanzialmente effettuato un’istanza errata, essa produrrà comunque due conseguenze:
1.      la sospensione di qualsiasi azione del concessionario sino alla risposta dell’Agenzia delle Entrate al contribuente;
2.      eventualmente anche la cancellazione della cartella nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate non riuscisse a rispondere entro duecentoventi giorni.
Pertanto, al fine di evitare situazioni patologiche, tutti gli uffici sono chiamati a fare un notevole sforzo, il quale però è sicuramente giustificato dalla finalità della norma volta a tutelare tutti quei contribuenti vittime di azioni illegittime e che hanno necessità di tutela immediata.

D’altronde, è bene far presente che prima di questa norma il contribuente non aveva alcuna possibilità di fermare l’azione esecutiva del concessionario se fondata su debiti tributari illegittimi (si veda l’art. 57 del DPR 602/73) e quindi non poteva fare altro che chiedere il risarcimento dei danni alla fine della procedura (art. 59 del DPR 602/73).
Ci si augura, dunque, che tutto ciò possa contribuire a migliorare i rapporti tra il contribuente e il concessionario della riscossione.

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Equitalia deve tirar fuori le cartelle non notificate al contribuente che teme pignoramenti presso terzi

Fonte: Dario Ferrara www.cassazione.net
Il divieto di accesso nei procedimenti tributari non vale dopo l’accertamento: in un mese il concessionario deve dar copia degli atti che l’impresa sostiene di non avere mai ricevuto
Fuori le carte. Equitalia ha un mese di tempo per mostrare al contribuente la cartelle esattoriali che il destinatario sostiene di non aver mai ricevuto in notifica, ma della quali è venuto egualmente a conoscenza. Il divieto di accesso agli atti dei procedimenti tributari deve ritenersi valido fino a quando non è emesso l’accertamento, ma non dopo, visto che viene meno l’esigenza della segretezza. E ciò in base a un’interpretazione costituzionalmente orientata della legge sulla trasparenza, secondo cui l’inaccessibilità agli atti deve ritenersi limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario. È quanto emerge dalla sentenza 4821/13, pubblicata dalla quarta sezione del Consiglio di Stato, che prosegue sulla linea della trasparenza sposata dai giudici amministrativi sui rapporti cittadino-Fisco (cfr. “Ora Equitalia tira fuori le carte e i nomi di chi ha iscritto le ipoteche per crediti sotto gli 8 mila euro”, pubblicata il 19 marzo scorso).
Diritto di difesa
Il concessionario non soltanto dovrà esibire le copie delle cartelle, ma dovrà dimostrare anche di avere notificato gli atti alla società, che sostiene di avere appreso in modo informale che il Fisco era sulle sue tracce. E ora teme che con l’ingresso in campo dell’agente della riscossione possa scattare da un momento all’altro un pignoramento presso terzi. È lo stesso articolo 26, comma 4, del Dpr 602/73 a stabilire che l’ex esattore, a richiesta del contribuente, ha l’obbligo di esibire copia della cartella, che deve essere conservata per cinque anni (almeno nella matrice). Senza dimenticare, poi, che la cartella esattoriale è il presupposto di procedure esecutive: la richiesta di accesso risulta dunque strumentale alla tutela dei diritti del contribuente e in ultima analisi al suo diritto di difesa; un eventuale diniego, osservano i giudici di Palazzo Spada, si porrebbe quindi in contrasto con il principio che garantisce la tutela giurisdizionale, indicato dalla Carta fondamentale. Inutile poi per Equitalia trincerarsi dietro la presunta tardività del ricorso originario, che invece risulta regolarmente proposto entro i trenta giorni dal termine in cui si era formato il silenzio avverso la richiesta di accesso.

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Equitalia, dopo le 120 rate spunta l'ipotesi di chiudere i conti senza sanzioni e interessi


Equitalia cantiere aperto. La firma del ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, sul decreto (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» di venerdì 8 novembre) che attua la rateazione fino a 10 anni dei debiti da riscuotere non è l'ultimo atto dell'operazione per "spuntare le unghia" all'agente della riscossione. Il decreto del fare (Dl 69/2013) convertito la scorsa estate ha introdotto una serie di misure per tutelare maggiormente i contribuenti dalle azioni forti: dall'impignorabilità dell'abitazione principale e dei beni strumentali (vale a dire quelli utilizzati nell'attività d'impresa o di lavoro autonomo) alla possibilità di saltare otto rate (prima erano due) senza decadere dal piano di rateazione. Ora però spunta anche l'ipotesi di introdurre una via d'uscita soft per il pagamento delle cartelle emesse negli ultimi cinque anni. 
Una mano tesa soprattutto verso i contribuenti con maggiori difficoltà a pagare. Non a caso già da tempo è stato riconosciuto come il peso maggiore che fa lievitare il conto è proprio quello delle sanzioni e interessi. Facciamo un esempio. Un avviso di accertamento che contesta un importo complessivo di 8.259 euro ricevuto il 2 dicembre 2011 e non pagato entro la scadenza di fine gennaio 2012 rischia di far salire il conto già di mille euro a distanza di circa sei mesi, dopo che l'agente della riscossione ha preso in carico la riscossione e ha preso inviato la cartella a metà aprile. Ma come è possibile? Le sanzioni e gli interessi scattano automaticamente in base alle norme attuali e aumentano poi l'importo da dover pagare. La soluzione circolata in ambienti parlamentari agirebbe proprio su queste due componenti.
Del resto, però, non va dimenticato che resta ancora aperta la partita dell'aggio, ossia il corrispettivo che Equitalia e gli altri concessionari percepiscono per l'attività di riscossione svolta. Il decreto del fare (Dl 69/2013) aveva anticipato alla fine di settembre il termine entro cui avrebbe dovuto essere attuata la revisione dei parametri di determinazione dell'aggio: parametri che dovrebbero garantire al contribuente un onere inferiore a quello attuale. Al momento, però, tutto tace e i contribuenti devono fare i conti - letteralmente - con i vecchi parametri per il calcolo della somma che spetta all'agente della riscossione e che contribuisce a far aumentare l'importo complessivo da pagare, insieme al carico degli interessi. Il decreto sulla spending review dello scorso anno (Dl 95/2012) aveva già previsto una riduzione dell'aggio sui ruoli emessi dal 1° gennaio 2013 dal 9 all'8 per cento. Governo e Parlamento hanno deciso di intervenire sulla percentuale, mettendolo nero su bianco nel decreto del fare della scorsa estate. Finora la scadenza fissata è passata invano. Tra l'altro i giudici tributari di Roma, Torino e Latina hanno sollevato alla Consulta il problema della costituzionalità perché la quota a carico del contribuente non è legata al costo del servizio.
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Rateizzazione delle cartelle fino a 120 rate, emanato il decreto attuativo del “decreto del fare”

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.M. 6 novembre 2013Apri in altra finestra si dà attuazione alle novità introdotte dall'art. 52, comma 3Apri in altra finestra, del c.d. “Decreto del Fare” (D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98Apri in altra finestrain materia di rateizzazione di somme iscritte a ruolo.

In particolare, è prevista la possibilità di rateazione fino a 120 rate mensili in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica.
La DISCIPLINA della RATEIZZAZIONE di SOMME ISCRITTE a RUOLO
A - PIANO di RATEAZIONE ORDINARIO (1)
Su richiesta del contribuente, in caso di temporanea situazione di obiettiva difficoltà, l'agente della riscossione può concedere la rateizzazione fino ad un massimo di 72 rate mensili. (2)
Art. 19, comma 1Apri in altra finestra, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602
B - PIANO di RATEAZIONE in PROROGA ORDINARIO (3) (4)
In caso di comprovato peggioramento della situazione di cui sopra, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a 72 mesi. (2)

Attenzione
Tale possibilità opera a condizione che non sia intervenuta decadenza.

Art. 19, comma 1-bisApri in altra finestra, D.P.R. n. 602/1973
C - PIANO di RATEAZIONE STRAORDINARIO (1)
Nei casi in cui il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, la rateazione di cui alla lettera A può essere aumentata fino a 120 rate mensili.
Art. 19, comma 1-quinquiesApri in altra finestra, D.P.R. n. 602/1973, introdotto dall'art. 52, comma 1, lettera a), n. 1)Apri in altra finestra , D.L. 69/2013, conv. con legge n. 98/2013
D - PIANO di RATEAZIONE in PROROGA STRAORDINARIO (3) (4)
Nei casi in cui il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, la rateazione di cui alla lettera B può essere aumentata fino a 120 rate mensili.

Attenzione
Il mancato accoglimento della richiesta non preclude la possibilità di chiedere un piano di rateazione ordinario, anche in proroga.

(1) In sede di richiesta di un piano di rateazione, il debitore può chiedere alternativamente un piano di rateazione ordinario (fino a 72 rate) o un piano di rateazione straordinario (fino a 120 rate).
(2) Il debitore può chiedere che il piano di rateazione preveda, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno (art. 19, comma 1-ter, D.P.R. n. 602/73).
(3) In sede di richiesta di proroga di un piano di rateazione ordinario, il debitore può chiedere alternativamente un piano di rateazione in proroga ordinario (fino a 72 rate) o un piano di rateazione in proroga straordinario (fino a 120 rate).
(4) In sede di richiesta di proroga di un piano di rateazione straordinario, il debitore può chiedere alternativamente un piano di rateazione in proroga ordinario (fino a 72 rate) o un piano di rateazione in proroga straordinario (fino a 120 rate).
“COMPROVATA e GRAVE SITUAZIONE di DIFFICOLTÀ”
È la situazione in cui ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
accertata impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento del credito tributario secondo un piano di rateazione ordinario;
solvibilità del contribuente, valutata in relazione al piano di rateazione concedibile.
DECADENZA
In caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di 8 rate, anche non consecutive, il debitore decade automaticamente dalla rateazione e l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione e il carico non può più essere  rateizzato (art. 19, comma 3Apri in altra finestra, D.P.R. n. 602/1973, modificato dall'art. 52, comma 1, lettera a), n. 2)Apri in altra finestra , del D.L. n. 69/2013).

PIANI STRAORDINARI
Affinchè un piano straordinario di rateizzazione possa essere concesso, occorre che:
la situazione sia attestata dal debitore attraverso un'istanza motivata, da produrre all'agente della riscossione;
ricorrano congiuntamente due condizioni:
l'accertata impossibilità di eseguire il pagamento del debito tributario secondo un piano ordinario;
la solvibilità del debitore stesso, valutata in relazione al piano di rateazione concedibile.

SUSSISTENZA DELLE CONDIZIONI
Entrambe le condizioni sussistono nelle seguenti ipotesi:

CONTRIBUENTE
IMPORTO della RATA
PERSONE FISICHE
Superiore al 20 per cento del reddito mensile del nucleo familiare del richiedente, avuto riguardo all'Indicatore della Situazione Reddituale (Isr), rilevabile dall'Isee.

Attenzione
L'Isee dev'essere allegato all'istanza.

DITTE INDIVIDUALI in REGIME SEMPLIFICATO
ALTRI SOGGETTI
Superiore al 10 per cento del valore della  produzione, rapportato su base mensile e individuato sulla base dell'art. 2425, numeri 1), 3) e 5)Apri in altra finestra, c.c..

Indice di liquidità [(Liquidità differita + Liquidità corrente) / Passivo corrente]: dev'essere compreso tra 0,50 ed 1.

Attenzione
La documentazione contabile aggiornata dev'essere allegata all'istanza.


Numero delle rate
Dev'essere modulato sulla base del rapporto esistente tra la rata e il reddito o il valore della produzione, secondo le tabelle A e B allegate al D.M. 6 novembre 2013Apri in altra finestra.

PIANI GIÀ ACCORDATI
I piani di rateazione ordinari (anche di rateazione in proroga) che siano già stati rilasciati possono essere aumentati fino a 120 rate.

Riferimenti normativi:
D.M. 6 novembre 2013Apri in altra finestra;
D.L. 21 giugno 2013, n. 69Apri in altra finestra, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, art. 52, comma 3Apri in altra finestra .

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