lunedì 24 febbraio 2014

Atti di trasferimenti immobiliari: come cambia la tassazione indiretta


da http://www.nuovofiscooggi.it/


Tre sole aliquote per il Registro: 2% sulla prima casa, 12% per le cessioni di terreni a favore di soggetti diversi da coltivatori e imprenditori agricoli professionali, 9% negli altri casi

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 2/E del 21 febbraio, ha fornito diversi chiarimenti sulle novità introdotte dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011 in tema di tassazione degli atti traslativi o costituitivi di diritti reali immobiliari di godimento, effettuati a titolo oneroso.
Infatti, per tali atti, a decorrere dall’1 gennaio 2014, ai sensi di quanto previsto dal combinato disposto del citato articolo 10 e dell’articolo 1, comma 609, della legge 147/2013 (Stabilità 2014), è prevista l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale con tre sole aliquote (fino al 31 dicembre 2013, si applicavano diverse aliquote ovvero, in alcuni casi, la tassazione in misura fissa):
·       9%, per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi
·       2%, per i trasferimenti aventi a oggetto case di abitazione (escluse quelle rientranti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9), ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro (Tur), per l’attribuzione dei benefici “prima casa”
·       12%, per i trasferimenti aventi a oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale.
L’imposta proporzionale di registro risultante dall’applicazione di tali aliquote non può comunque essere inferiore a 1.000 euro.
Inoltre, gli atti assoggettati all’imposta proporzionale di registro e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti, posti in essere per curare gli adempimenti catastali e di pubblicità immobiliare, sono esenti dall’imposta di bollo, dalle tasse ipotecarie e dai tributi speciali catastali, e sono soggetti alle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna.
Il comma 4 dell’articolo 10 del Dlgs 23/2011, poi, ha soppresso le esenzioni e agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali, che riguardano gli atti assoggettati a imposta di registro in misura proporzionale (fanno eccezione quelle per la piccola proprietà contadina).
Infine, l’articolo 26 del Dl 104/2013 ha elevato a 200 euro gli importi di ciascuna delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, stabiliti in 168 euro da disposizioni in vigore prima dell’1 gennaio 2014.
Ripercorse le novità normative, la circolare evidenzia che la nuova tassazione si applica anche agli atti immobiliari, esenti da Iva in base a quanto previsto dall’articolo 10, comma 1, n. 8-bis, del Dpr 633/1972, e per i quali, ai sensi dell’articolo 40 del Tur, l’imposta di registro si applica in misura proporzionale.
Le medesime regole non si applicano tuttavia alle cessioni di immobili strumentali soggette a Iva che, essendo - in attuazione del principio di alternatività Iva-Registro - soggette a imposta di registro in misura fissa, si pongono al di fuori del perimetro applicativo dell’articolo 1 della tariffa, e pertanto, delle modifiche apportate a tale disposizione dal Dlgs 23/2011.
Per quanto riguarda le agevolazioni legate all’acquisto della prima casa, i relativi atti di trasferimento scontano ora l’imposta di registro nella misura proporzionale del 2% e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna.
I benefici si applicano ai trasferimenti di case di abitazione, tranne quelle rientranti nella categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio artistico e storico), sempre che ricorrano le condizioni previste - ai fini della fruizione dell’agevolazione - dalla nota II-bis all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Tur.
Sono, analogamente alle predette condizioni, confermate le cause di decadenza dalle agevolazioni. Pertanto, dall’1 gennaio 2014, l’applicabilità dei benefici è vincolata alla categoria catastale in cui l’immobile è classificato o classificabile e non più alle caratteristiche individuate dal Dm 2 agosto 1969.
Invece, con riferimento ai trasferimenti soggetti a Iva, in base a quanto stabilito dal numero 21 della tabella A, parte II, allegata al Dpr 633/1972, l’individuazione delle case di abitazione non di lusso, cui si applicano le agevolazioni prima casa, è ancorata ai criteri dettati dal Dm 2 agosto 1969, a prescindere dalla categoria catastale con la quale l’immobile risulta censito in catasto.
Per i trasferimenti soggetti a Iva che beneficiano delle agevolazioni prima casa, le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

Riguardo alle agevolazioni prima casa relative a trasferimenti derivanti da successione e donazione, le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura di 200 euro ciascuna. Inoltre, il rinvio alle case di abitazioni non di lusso contenuto nell’articolo 69, comma 3 della legge 342/2000, deve intendersi, come per i trasferimenti agevolati soggetti a imposta di registro, riferito alle case di abitazione a eccezione di quelle rientranti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.
Quanto al credito di imposta per il riacquisto della prima casa (articolo 7, legge 448/1998), lo stesso non riveste natura agevolativa e, in quanto tale, non è riconducibile alla previsione abrogativa di cui al comma 4 dell’articolo 10 del Dlgs 23/2011.
Con riferimento allo scomputo dall’imposta dovuta per il nuovo acquisto, laddove risulti un importo dell’imposta di registro inferiore a 1.000 euro, dovrà essere versato per la registrazione dell’atto solo tale importo e non l’importo minimo di 1.000 euro.
La circolare procede poi a una ricognizione delle norme abrogate per effetto della riformulazione dell’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Tur.
In primis, le note poste in calce all’articolo 1, fatta eccezione per la II-bis sulla prima casa.
Dal 1° gennaio 2014, sono dunque scomparse le disposizioni di favore per i trasferimenti di:
·       immobili di interesse storico, artistico e archeologico
·       fabbricati o porzioni di fabbricato ceduti in esenzione da Iva nei confronti di imprese di rivendita di immobili
·       immobili in favore dello Stato o di enti pubblici territoriali
·       immobili situati all’estero
·       immobili in favore di Onlus o di istituzioni riordinate in aziende di servizi.
Anche il regime per i trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati non è più in vigore dall’1 gennaio 2014.

Inoltre, non trova più applicazione la disciplina della nota I all’articolo 1 della tariffa, che prevedeva l’imposta di registro all’8% per i trasferimenti a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze a favore dell’imprenditore agricolo professionale.
Con riferimento alle regole di determinazione della base imponibile, resta in vigore la disciplina del prezzo valore stabilita dall’articolo 1, comma 497, della legge 266/2005, in quanto concretizza un sistema forfetario non riconducibile nell’ambito delle previsioni agevolative (in virtù della sentenza 6/2014 della Corte costituzionale, il sistema del prezzo-valore si applica anche ai trasferimenti di immobili a uso abitativo e relative pertinenze acquisiti in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto).
Per quanto attiene alla soppressione delle agevolazioni previste in leggi speciali, dall’1 gennaio 2014 non trovano più applicazione alcuni regimi agevolativi o esentativi, che prevedevano un trattamento di favore in materia di Registro (riduzione di aliquote, imposta fissa o esenzione).
Restano comunque applicabili le agevolazioni ed esenzioni riferite ad atti non riconducibili nell’ambito dell’articolo 1 della tariffa, ovvero ad atti non riconducibili tra quelli a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento.
La circolare riporta un elenco (non esaustivo) di previsioni recanti agevolazioni da ritenere non più applicabili; tra le altre, quelle per:
·       i trasferimenti di immobili compresi in piani di recupero (articolo 5 della legge 168/1982)
·       i trasferimenti nell’ambito del compendio unico (articolo 5-bis della legge 97/1994 e articolo 5-bis del Dlgs 228/2001)
·       i piani di insediamento produttivi e per l’edilizia economico-popolare (articolo 32 del Dpr 601/1973).
·       Restano invece in vigore le agevolazioni:
·       per la piccola proprietà contadina (articolo 2, comma 4-bis, del Dl 194/2009)
·       per la partecipazione all’Expo 2015
·       per la mediazione civile e commerciale (articolo 17 del Dlgs 28/2010)
·       nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio (articolo 19 della legge 74/1987)
·       per gli atti di conciliazione giudiziale (articolo 9 della legge 488/1999).



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giovedì 20 febbraio 2014

In vigore la Nuova Sabatini per il sostegno agli investimenti in macchinari

da http://www.sardegnacontributi.it/


E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico attuativo della norma del "DL FARE", che istituisce un nuovo strumento per accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese e migliorare l’accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese (Pmi). 
Lo strumento è rivolto alle Pmi, operanti in tutti i settori produttivi, inclusi agricoltura e pesca, che realizzano investimenti (anche mediante operazioni di leasing finanziario) in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché investimenti in hardware, software e tecnologie digitali.
Nel dettaglio, la misura prevede:
  1. la costituzione presso Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) di un plafond di risorse (fino a un massimo di 2,5 miliardi di euro, eventualmente incrementabili con successivi provvedimenti fino a 5 miliardi) che le banche e gli intermediari finanziari, previa adesione a una o più apposite convenzioni tra il Mise ( sentito il Mef), l’Associazione Bancaria Italiana (Abi) e Cdp, potranno utilizzare per concedere alle Pmi, fino al 31 dicembre 2016, finanziamenti di importo compreso tra 20.000 e 2 milioni di Euro a fronte degli investimenti sopra descritti;
  2. la concessione da parte del Mise di un contributo in favore delle Pmi, che copre parte degli interessi a carico delle imprese sui finanziamenti bancari di cui al punto 1, in relazione agli investimenti realizzati. Lo stanziamento complessivo di bilancio è pari a 191,5 milioni di euro per gli anni 2014-2021. Il contributo è pari all’ammontare degli interessi, calcolati su un piano di ammortamento convenzionale con rate semestrali, al tasso del 2,75% annuo per cinque anni;
  3. la possibilità di beneficiare della garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, fino alla misura massima prevista dalla vigente normativa (80% dell’ammontare del finanziamento), sul finanziamento bancario di cui al punto 1, con priorità di accesso. 
Per quanto riguarda la procedura per la concessione del contributo, è stato previsto un meccanismo automatico e di accesso semplificato.
Infatti, l’impresa presenta alla banca, all’atto della richiesta del finanziamento, una dichiarazione-domanda per l’accesso al contributo ministeriale, attestando il possesso dei requisiti e l’aderenza degli investimenti alle previsioni di legge.
Una volta che la banca ha adottato la delibera di finanziamento, il Mise procede, in tempi molto contenuti, alla concessione del contributo e a darne comunicazione all’impresa.
L'erogazione del contributo è prevista al completamento dell’investimento autocertificato dall’impresa ed è effettuata in quote annuali secondo il piano di erogazioni riportato nel provvedimento di concessione.
Il termine iniziale di apertura dello sportello per la presentazione delle domande alle banche e agli intermediari finanziari aderenti alla Convenzione tra Mise-Cdp-Abi sarà fissato con circolare della Direzione generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali di prossima emanazione.


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lunedì 17 febbraio 2014

Affitti, torna il contante. Assegni e bonifici obbligatori solo da 1.000 euro in su

Da http://www.ilsole24ore.com/

A introdurre il divieto di usare il contante per le locazioni abitative – per qualsiasi importo – è la legge di stabilità (legge 147/2013, articolo 1, comma 50). Un divieto più severo di quello "generale" previsto dalla normativa antiriciclaggio, per cui l'obbligo di pagamento con mezzi tracciabili scatta solo da 1.000 euro in su. La nuova norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2014, ma ora il dipartimento del Tesoro inverte la rotta e cancella l'obbligo in via interpretativa.


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mercoledì 5 febbraio 2014

A senso unico verso l’Erario l’Iva incassata per rivalsa

da http://www.fiscooggi.it/

A senso unico verso l’Erario l’Iva incassata per rivalsa
Le somme raccolte rappresentano l’imposta sul valore aggiunto dovuta allo Stato e non una “provvista” personale da investire o a disposizione dell’impresa per esigenze aziendali

In tema di omesso versamento dell’Iva (articolo 10-ter del decreto legislativo 74/2000), le difficoltà finanziarie non possono rappresentare una causa di forza maggiore in grado di escludere la rilevanza penale del fatto: il mancato accantonamento dell’Iva addebitata in via di rivalsa e incassata determina una situazione di difficoltà in cui il contribuente si è volontariamente trovato per aver utilizzato la provvista per altre esigenze aziendali anziché provvedere a riversarla all’Erario.

Inoltre, nel solco di quanto statuito dalle Sezioni unite con la sentenza 37424/2013, l’articolo 10-ter, entrato in vigore il 4 luglio 2006, è applicabile anche alle omissioni dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto relativi all’anno 2005, senza che ciò comporti violazione del principio di irretroattività della norma penale. Infatti, la condotta penalmente rilevante non è l’omissione del versamento periodico nel termine previsto dalla normativa tributaria, ma il mancato versamento del tributo dovuto in base alla dichiarazione annuale nel maggiore termine stabilito per il versamento dell’acconto Iva relativo al periodo d’imposta dell’anno successivo. Logico corollario di tale assunto è che in relazione alle omissioni del 2005 il reato si è perfezionato il 27 dicembre 2006, ovvero in un momento successivo all’entrata in vigore della fattispecie penalede qua (avvenuta il precedente 4 luglio).
Sono questi i principi che si desumono dalla sentenza della Cassazione 3639 del 27 gennaio 2014.

La vicenda processuale
La Corte d’appello dell’Aquila confermava la condanna comminata dal Tribunale di primo grado a un contribuente per il reato previsto dall’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000 (omesso versamento di Iva per l’anno di imposta 2005 per un ammontare complessivo superiore a 100mila euro): secondo la Corte, l’imputata, al momento di entrata in vigore del nuovo reato, aveva a disposizione tutto il tempo per sanare il proprio inadempimento accantonando le risorse necessarie.

Con il successivo ricorso in Cassazione veniva sollevato il vizio di violazione di legge (articoli 10-terdel Dlgs 74/2000 e 27 della Costituzione), nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione alle acclarate difficoltà economiche dell’impresa.
Sotto il primo profilo, l’imputata ritiene che nessuna censura possa esserle contestata sotto l’aspetto della rimproverabilità della condotta. In altri termini, al momento dell’introduzione della nuova fattispecie penale, non poteva prevedere che la sua condotta (ovvero l’omesso accantonamento delle somme da versare) presentasse disvalore penale.
Per quanto concerne il vizio di motivazione, viene censurata la sentenza d’appello per aver ritenuto sufficiente il termine di sei mesi (dall’introduzione del nuovo reato sino al termine per l’integrazione dello stesso ovvero il 27 dicembre 2006) per organizzare e reperire le risorse alla luce del mutato quadro normativo, senza considerare l’entità della somma dovuta.

La pronuncia della Cassazione
La Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso sotto entrambi i profili.
Per dirimere la prima questione, la Corte effettua un breve excursus sulla struttura del reato di omesso versamento dell’Iva.
Secondo il nuovo articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, inserito con il Dl 223/2006, articolo 35, comma 7, la sanzione prevista dall’articolo 10-bis per il delitto di omesso versamento di ritenute certificate si applica anche a chiunque non versi l’Iva, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo.
Ai fini dell’integrazione del reato, non è sufficiente un qualsiasi ritardo nel versamento rispetto alla scadenze previste, ma occorre che l’omissione del versamento dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione si protragga fino al 27 dicembre dell’anno successivo al periodo d’imposta di riferimento.
Di conseguenza, per il momento consumativo del reato, come ribadito da ultimo dalla sentenza delle Sezioni unite 37424/2013 (che, sul punto, hanno aderito alla tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 28/2006, tra l’altro citata dalla sentenza quale intervento chiarificatore atto a escludere l’esimente dell’obiettiva incertezza normativa di cui all’articolo 15 del Dlgs 74/2000), occorre che “l'omissione del versamento dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione si protragga fino al 27 dicembre dell'anno successivo al periodo d'imposta di riferimento”, ovvero, per il caso in questione, fino al 27 dicembre 2006: ciò esclude, secondo la Corte, la violazione del principio di irretroattività della norma penale.

La Cassazione esclude anche il contrasto con i principi degli articoli 25 della Costituzione e 7 del Cedu (secondo cui nessuno può essere condannato per una azione od omissione che, nel momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo la legge nazionale o internazionale).
Bisogna distinguere, infatti, in relazione alla condotta omissiva, tra la scadenza (fiscale) per i versamenti periodici dell’imposta relativa al 2005 e il momento in cui tale omissione assume rilevanza penale, ovvero quando la stessa si protragga sino al maggiore termine stabilito per il versamento dell’acconto Iva relativo al periodo d’imposta dell’anno successivo. Pertanto, il soggetto che aveva omesso i versamenti nel 2005 aveva a disposizione tutto il tempo (dal momento dell’introduzione del reato de quo, ovvero dal 4 luglio 2006) per rimediare a tale condotta, effettuando i versamenti che gli avrebbero consentito di non superare la soglia penalmente rilevante: “la risoluzione di non provvedere a tanto, che dà luogo alla commissione del reato, si colloca, dunque, in un'epoca ampiamente successiva alla introduzione della nuova fattispecie incriminatrice, alla quale non può, pertanto, attribuirsi un effetto retroattivo”.

Alla luce di tali considerazioni, la sentenza di secondo grado è stata giudicata esente da censure, anche in relazione all’elemento soggettivo del reato (da ravvisare anche nel dolo eventuale), quando ha rilevato che il termine di sei mesi avuto a disposizione dall’imputata era da considerarsi sufficiente per organizzarsi e provvedere al versamento dell’imposta, previo accantonamento della stessa (in ciò favorita dal meccanismo di applicazione dell’Iva, che impone agli operatori economici di esercitare la rivalsa).

In merito alla questione relativa alla situazione di difficoltà finanziaria, la Corte precisa infine che “il mancato accantonamento di una somma sufficiente determina una situazione di difficoltà in cui il contribuente si è volontariamente calato perché l'IVA incassata deve essere versata e non può essere utilizzata per fronteggiare altre esigenze aziendali”.

Ulteriori considerazioni
A causa della crisi finanziaria degli ultimi anni proliferano nelle aule di tribunale le imputazioni per i reati previsti dagli articoli 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 74/2000 (omesso versamento di ritenute certificate e omesso versamento dell’Iva). Numerose sono state le pronunce sul punto, sia di merito sia di legittimità. Questi i principi ricavabili dai più recenti arresti della Cassazione:
  • le norme penali di cui agli articoli 10-bis e 10-ter, che sanzionano l’omesso versamento di ritenute certificate e dell’Iva, sono applicabili anche agli omessi versamenti relativi rispettivamente all’anno 2004 e all’anno 2005, senza che ciò comporti violazione del principio di irretroattività della norma penale. In questi casi, infatti, la condotta penalmente rilevante non è l’omesso versamento delle ritenute o dell’Iva nel termine previsto dalla normativa tributaria, ma l’omesso versamento delle ritenute certificate o dell’Iva, rispettivamente nel maggiore termine stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al periodo di imposta precedente o in quello previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo (27 dicembre). Questi due termini sono posteriori all’entrata in vigore delle disposizioni che hanno introdotto le fattispecie penali de quibus (Cassazione, sezioni unite, sentenze 37424 e 37425 del 2013)
  • ogni qualvolta il sostituto d’imposta effettua erogazioni a favore dei collaboratori insorge a suo carico l’obbligo di accantonare le somme dovute all’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria (ciò vale a maggior ragione in tema di Iva, dove il debitore d’imposta, in virtù del meccanismo della rivalsa, quasi mai si trova ad anticipare somme all’Erario)
  • lo stato di dissesto dell’imprenditore – il quale prosegua ciononostante nell’attività d’impresa senza adempiere all’obbligo previdenziale e neppure a quello retribuivo – non elimina il carattere di illiceità penale dell’omesso versamento dei contributi. Infatti, i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque e in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell’azienda. Ciò trova la sua rationelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e, anzitutto, la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori (Cassazione, sentenza 37528/2013: considerazioni analoghe valgono anche per il reato di omesso versamento dell’Iva)
  • tra i reati di omesso versamento di ritenute certificate e Iva e i corrispondenti illeciti amministrativi intercorre un rapporto non di specialità ma di progressione illecita, che comporta l’applicabilità congiunta delle due sanzioni (Cassazione, sezioni unite, sentenze 37424 e 37425 del 2013)
il reato di omesso versamento di Iva sussiste anche quando, in seguito a rateazione, il debito fiscale risulti inferiore alla soglia di punibilità prevista dalla norma (Cassazione, sentenza 24185/2013). Tale sentenza si allinea alla precedente giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenze 11836/2013), che ha sottolineato l’irrilevanza nel processo penale tributario di eventuali accordi con l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del pagamento dell’imposta o dell’eventuale pagamento tardivo della stessa, stante la diversa operatività sul piano sanzionatorio del sistema penale tributario rispetto a quello fiscale vero e proprio.

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