martedì 29 aprile 2014

Novità sull’esonero dalla scheda carburante e modalità di certificazione e registrazione

Articolo a cura dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti di Firenze

In deroga alle regole ordinarie previste dal D.P.R. 633/72 relativamente alla certificazione delle operazioni, il D.P.R. 444/97 ha individuato le norme specifiche per la compilazione della “scheda carburante”.
Si ricorda che la corretta compilazione della scheda carburante è indispensabile per detrarre l’IVA e dedurre il costo.
Con il c.d. Decreto Sviluppo 2011 è stato aggiunto il comma 3-bis all’articolo 1 del D.P.R. 444/97, secondo cui non sono soggetti all’obbligo di tenuta della scheda carburante coloro i quali effettuano “acquisti di carburante esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7, sesto comma, del D.P.R. 605/73”.

I soggetti che acquisteranno carburante utilizzando esclusivamente contanti o, alternativamente, contanti e carte di credito/di debito/prepagate saranno obbligati alla tenuta delle schede carburante (Circolare 42/E/2012).

Coloro i quali, invece, utilizzeranno solamente carte di credito/di debito/prepagate (necessariamente intestate al soggetto passivo d’imposta, anche se utilizzate per effettuare non solo rifornimenti di carburante) potranno certificare la spesa di carburante, sia ai fini della detrazione IVA che della deduzione dal reddito, tramite gli estratti conto rilasciati dall’emittente della carta. In tali estratti dovranno emergere chiaramente alcuni elementi ritenuti necessari; ad esempio, data, soggetto presso cui è stato effettuato il rifornimento di carburante, ammontare del corrispettivo.

Nel corso del Telefisco 2013, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un importante chiarimento, consentendo il passaggio in corso d’anno alla modalità di certificazione degli acquisti di carburante prevista nel caso di pagamento tramite carte elettroniche; ciò che rileva è che, dal momento di tale passaggio, tutti gli acquisti di carburante vengano effettuati esclusivamente tramite carte di credito, prepagate o bancomat.
Tale chiarimento modifica l’iniziale impostazione che sembrava consentire il passaggio solo all’inizio del successivo anno d’imposta.
Restano comunque alcuni dubbi interpretativi per quanto riguarda la corretta rilevazione contabile nel caso di utilizzo esclusivo della carta e, quindi, esonero dall’obbligo della scheda carburante. La Circolare 42/E/2012 non individua le modalità pratiche per registrare in contabilità l’imponibile e l’IVA partendo dal corrispettivo lordo sostenuto per l’acquisto di carburante. Visti gli elementi richiesti nell’estratto conto (data, stazione di rifornimento, corrispettivo) sembrerebbe pacifico ritenere che tale documento possa sostituire la fattura e quindi consentire la detrazione dell’IVA. In assenza di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, all’atto della registrazione (la cui tempistica non risulta chiaro se debba avvenire mensilmente o trimestralmente) sembrerebbe opportuno indicare sull’estratto conto stesso l’importo dell’imponibile, dell’IVA scorporata e dell’IVA detraibile. A questo proposito una criticità ulteriore potrebbe verificarsi nel caso di utilizzo della carta per la certificazione delle spese di carburante relativo a un soggetto con un parco auto a detraibilità mista. In questi casi, solo un’annotazione separata in un documento interno potrebbe consentire l’individuazione del veicolo che ha effettuato il rifornimento e, quindi, la percentuale di detrazione da applicare. Con l’uso esclusivo della carta viene meno l’obbligo di indicazione dei chilometri percorsi (per gli esercenti attività di impresa) e della firma dell’esercente, elementi ritenuti necessari nel caso di certificazione attraverso scheda carburante (Corte di Cassazione, sentenza n. 3947 del 18 febbraio 2011).
Infine, si segnala che la giurisprudenza (Corte di Cassazione, sentenza n. 912 del 13 gennaio 2012) ha rilevato la responsabilità penale con reclusione da 18 mesi a 6 anni per coloro i quali “gonfiano” la scheda carburante per evadere imposte sui redditi e IVA, in quanto si rendono colpevoli di dichiarazione fraudolenta, mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.


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lunedì 21 aprile 2014

Per l’accertamento “a tavolino” non opera il termine dilatorio

Da www.fiscooggi.it

Lo Statuto del contribuente prevede che l’avviso non può essere emanato prima di sessanta giorni dal rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di controllo


La Ctr dell’Umbria, con la sentenza n. 109/01/13, ha affrontato la controversa questione della delimitazione dell’ambito applicativo dell’articolo 12, comma 7, legge 212/2000 (Statuto del contribuente), secondo cui l’avviso di accertamento non può essere emanato prima che siano trascorsi sessanta giorni dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di controllo, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

I giudici umbri hanno affermato che il vizio di nullità dell’avviso di accertamento, notificato senza il rispetto del termine dilatorio, è rilevabile esclusivamente in relazione ad atti derivanti da accessi, ispezioni e verifiche eseguite presso la sede del contribuente.
La controversia
Oggetto del giudizio è un avviso di accertamento derivante da indagini finanziarie a norma dell’articolo 32, comma 1, n. 7, Dpr 600/1973.
In sede di ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale veniva eccepita, tra l’altro, la violazione dell’articolo 12 dello Statuto del contribuente, contestando il mancato rispetto del termine dilatorio fissato dalla norma.
La Ctp di Perugia accoglieva il ricorso con motivazione non attinente la specifica questione, che, tuttavia, veniva riproposta dal contribuente nel secondo grado di giudizio promosso con appello dell’ufficio.
La Ctr ha ribaltato l’esito della lite, chiarendo espressamente che l’articolo 12, comma 7, dello Statuto è applicabile soltanto ad avvisi di accertamento derivanti da attività istruttorie eseguite presso la sede del contribuente.
Infatti, il comma primo dell’articolo 12 circoscrive testualmente l’operatività delle disposizioni contenute nei commi successivi ai soli accessi, ispezioni e verifiche eseguiti nei locali destinati ad attività commerciali, industriali, agricole, artistiche e professionali. Al di fuori di tali modalità istruttorie, la norma non è applicabile.
Osservazioni
Accade sempre più spesso che i contribuenti avanzino eccezioni fondate sul presupposto che le garanzie offerte dall’articolo 12, comma 7, dello Statuto possano estendersi agli accertamenti “a tavolino”, chiedendo, conseguentemente, una declaratoria di nullità degli avvisi per i quali gli uffici non si siano attenuti alle prescrizioni dettate dalla norma.
Come evidenziato dalla pronuncia in esame, la formulazione letterale della legge impedisce all’interprete di ampliarne l’ambito applicativo al di fuori dei limiti espressamente voluti dal legislatore statutario.
Al riguardo, la posizione della Corte di cassazione è rimasta ferma nel tempo nel ritenere non necessario il rispetto del termine dilatorio per la notifica dell’accertamento se non per i controlli eseguiti presso la sede dell’attività del contribuente, e ha individuato la ratio di tale differenziazione nell’esistenza di differenze sostanziali nell’esercizio dei poteri istruttori dell’ufficio.
Nella sentenza 14026/2012, infatti, la Corte ha circoscritto l’operatività della norma alle sole verifiche svolte nei locali destinati all’esercizio dell’attività, precisando che l’esigenza di garantire le particolari tutele previste espressamente per le indagini svolte presso la sede di lavoro non sussiste per i procedimenti di controllo “a tavolino”, che non hanno natura altrettanto pervasiva quanto le verifiche presso il contribuente le quali, di fatto, sostiene la Corte, possono interferire con lo stesso svolgimento dell’attività controllata.
Posizione analoga esprime la sentenza 16354/2012.
Più recentemente, con la sentenza 8399/2013, la Corte ha escluso l’estensione delle disposizioni di cui all’articolo 12, comma 7, ai casi in cui vi sia un’attività di controllo degli uffici senza accesso nei luoghi di residenza del contribuente, nella sede o nei locali dell’impresa o, comunque, quando il controllo sia svolto grazie a dati acquisiti da altri organismi o autorità, inclusa la Polizia giudiziaria che operi nell’ambito di indagini penali oppure derivanti da richieste, questionari e inviti formulati dall’ufficio.
Le stesse sezioni unite della Corte, nella sentenza 18184/2013, hanno chiarito che il termine dilatorio di cui all’articolo 12, comma 7, opera a favore del contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività e decorre dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni.
Da ultimo, sul tema, la Cassazione ha emesso la sentenza 2594/2014, che giunge a una decisione di segno contrario ai precedenti fin qui ricordati, ma con una motivazione che, come già da altri annotato, appare inconferente rispetto alla fattispecie giudicata e, dunque, non significativa.
Si sottolinea, infine, che la sentenza in commento è parte di un orientamento sul tema, della Commissione regionale di Perugia, prevalentemente favorevole al fisco e rilevabile in relazione a varie tipologie di controlli “a tavolino”: si citano, ad esempio, le recenti sentenze della Ctr Umbria n. 34/04/14 relativa a indagini finanziarie e n. 103/01/13 in tema di controlli redditometrici.


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