domenica 25 maggio 2014

È nulla la cartella esattoriale tardiva


da http://www.giornaledellepmi.it/

È illegittima la cartella esattoriale notificata in ritardo.
Ciò è quanto emerge da una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pavia (sentenza n. 283/03/14 – Sez. Documenti), la quale non solo annulla l’atto esattoriale ma anche il debito tributario sottostante poiché richiesto dal concessionario della riscossione oltre i termini di legge.
Tale principio deriva dal fatto che la normativa tributaria prevede dei termini perentori entro cui il concessionario della riscossione (ossia Equitalia) può chiedere ai contribuenti il pagamento dei tributi.
Nel caso di specie, infatti, si trattava di imposte dovute dalla contribuente poiché dichiarate nella dichiarazione dei redditi ma non versate per mancanza di liquidità.
Ebbene, in questo caso l’articolo 25 del Dpr n.602/73 prevede espressamente che il concessionario deve notificare la cartella, a PENA DI DECADENZA «entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione…» e dunque trattandosi nel caso specifico di imposte sui redditi relative all’anno 2007 la cartella si sarebbe dovuta notificare improrogabilmente entro il 31 dicembre 2011 e non nel 2013 come invece è avvenuto.
Di particolare rilievo, inoltre, risultano le riflessioni dei giudici di Pavia in merito alle eccezioni formulate da Equitalia, la quale riteneva di non aver alcuna responsabilità poiché solamente incaricata alla riscossione.
Secondo la Commissione Tributaria, infatti «questo giudicante pur concordando con il principio appena espresso sui compiti assegnati ad Equitalia (ossia la ricezione del Ruolo e la riscossione del pagamento delle cartelle) ritiene che per il loro espletamento la normativa di riferimento comporti un implicito insieme di diritti- doveri per Equitalia correlati a tutto il processo di riscossione che inizia con il ricevimento del Ruolo e termina con l’incasso dei relativi pagamenti passando attraverso l’emissione e la notifica delle cartelle…».
I giudici, quindi, proseguono sottolineando che «fra i diritti-doveri … vi è quello di ricevere un Ruolo formato da crediti, oltre che certi e liquidi, anche esigibili che possono essere fatti validamente valere nei confronti del debitore. Quindi, a tal fine, nasce il dovere/obbligo per Equitalia di svolgere una specifica attività di verifica che la porti a concludere che il Ruolo preso in carico sia legittimamente valido nel contenuto ovvero che i crediti tributari … siano realmente esigibili».
In mancanza del requisito di esigibilità, dunque, l’atto tributario risulta palesemente illegittimo e il debito tributario viene meno.
Avv. Matteo Sances

gianni cassetta commercialista olbia, commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, 

giovedì 8 maggio 2014

Bonus prima casa: la separazione non è causa di forza maggiore

da http://www.fiscooggi.it/

La decadenza dalle agevolazioni fiscali può essere impedita solo da eventi oggettivi, imprevedibili e inevitabili e non da meri motivi soggettivi come le liti fra coniugi

La separazione coniugale non evita la perdita del beneficio, se il contribuente ha ceduto l’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa” entro il quinquennio e non ha provveduto a un nuovo acquisto entro l’anno successivo.
È il principio espresso dalla Cassazione nell’ordinanza n. 8620 dell’11 aprile.

Il fatto
La controversia con il contribuente nasce a seguito della notifica da parte dell’Agenzia di un avviso di liquidazione per il recupero delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria. La pretesa fiscale nasce a seguito di decadenza dalle agevolazioni concesse in sede di acquisto della prima casa, per alienazione del bene entro il quinquennio dall’acquisto, in assenza di nuova compravendita entro l’anno successivo.

Il contenzioso tra le parti vedeva il contribuente vittorioso sia in primo grado sia in secondo grado.
I giudici di secondo grado, confermando la decisione assunta dalla Ctp, annullavano l’avviso di liquidazione emesso nei confronti del contribuente sulla base di due ragioni. In primo luogo, la Ctr riteneva che l’ufficio fosse decaduto dall’azione impositiva, avendo notificato l’avviso di liquidazione oltre il termine triennale di cui all’articolo 76, comma 2, Dpr 131/1986. In secondo luogo, l’avvenuta separazione coniugale tra i coniugi dovrebbe considerarsi causa di forza maggiore per il mancato riacquisto di altro immobile a uso abitativo entro il quinquennio di riferimento.

L’Amministrazione finanziaria, avverso la sentenza dei giudici tributari, ricorre in Cassazione, sotto il profilo della violazione della legge.
Secondo l’ente impositore, la Ctr avrebbe negato l’operatività della proroga biennale dei termini di rettifica e liquidazione recata dall’ultimo periodo dell’articolo 11, comma 1, della legge 289/2002.
La difesa erariale denuncia, altresì, i vizi di violazione di legge di cui all’articolo 1, comma 4, della nota 2-bis, della tariffa allegata al Dpr 131/1986 e di insufficiente motivazione.
In particolare, secondo il Fisco, la Ctr ha ritenuto che l’esistenza di una causa di forza maggiore possa esentare il contribuente, che abbia venduto ante tempus un immobile acquistato con i benefici prima casa, dall’obbligo di versare l’imposta complementare di registro riliquidata ad aliquota ordinaria. L’ufficio, altresì, disapprova la motivazione secondo cui la separazione coniugale consensuale sia qualificata come causa di forza maggiore.

Normativa di riferimento
Il comma 4 della nota II-bis della tariffa allegata al Dpr 131/1986, al primo periodo, stabilisce che “In caso di dichiarazione mendace, o di trasferimento a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una soprattassa pari al 30 per cento delle stesse imposta”.
L’ultimo periodo del medesimo articolo precisa che “Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.

Il contribuente, per impedire il verificarsi dell’ipotesi di decadenza dal regime agevolato, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato, deve procedere all’acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale.
L’articolo 76, comma 2, Dpr 131/1986, prevede un termine triennale entro cui l’ufficio può attuare l’azione impositiva nei confronti dei soggetti interessati. Il termine è stato prorogato di due anni ai sensi dell’articolo 11, comma 1, legge 289/2002, con riferimento ai contribuenti che non abbiano presentato istanza di definizione agevolata; proroga che è applicabile, non solo con riferimento alla definizione del valore dei beni, ma anche all’ipotesi di cui al comma 1-bis, riguardante la definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte (Cassazione, sentenze 12069/2010, 24575/2010, 20698/2011, 5480/2013 e, in precedenza, 4321/2009).

La decisione della Corte
Per la Suprema corte, il ricorso dell’Amministrazione finanziaria è fondato, atteso che, in merito alla proroga biennale per la rettifica e la liquidazione delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, prevista dall’articolo 11, comma 1, legge 289/2002, in caso di mancata presentazione o inefficacia dell’istanza di condono quanto ai valori dichiarati o agli incrementi di valore assoggettabili a procedimento di valutazione, è applicabile anche alle ipotesi di cui al comma 1-bis, riguardante la definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte, senza necessità di un esplicito richiamo normativo.
La tesi della Ctr, secondo cui la proroga dei termini non può essere traslata in una generale proroga dell’attività dell’ufficio, è in palese contrasto con il disposto dell’articolo 11, comma 1, legge 289/2002, che nell’ultimo periodo espressamente proroga di due anni il termine.

La Corte ha altresì affermato che la separazione coniugale, nei casi di vendita entro il quinquennio, dell’immobile acquistato con i benefici “prima casa”, senza provvedere ad acquistare un altro immobile entro l’anno successivo, da adibire ad abitazione principale, non rappresenta una causa di forza maggiore che esonera dall’obbligo di versare l’imposta complementare di registro.
Nel giudizio di merito, si è evidenziato che la causa di forza maggiore può essere invocata solo a seguito di impedimenti oggettivi, imprevedibili e inevitabili e non per meri motivi soggettivi.
Ragioni che, nell’ipotesi in esame, hanno fatto affermare definitivamente che, “nel caso di vendita ante tempus di un immobile acquistato con i benefici prima casa, nella nozione forza maggiore astrattamente idonea ad impedire la decadenza da tali benefici non sono sussumibili meri motivi soggettivi, quali la separazione coniugale, ma solo impedimenti oggettivi, imprevedibili ed inevitabili”.


commercialista olbia, studio commerciale gianni cassetta, studio commerciale olbia, gianni cassetta commercialista olbia,