mercoledì 26 novembre 2014

DAL DECRETO SEMPLIFICAZIONI ASSIMILAZIONE DELLE SPESE SPONSORIZZAZIONE A QUELLE DI PUBBLICITÀ

Del Dott. Gianni Cassetta, dottore commercialista in Olbia


Il decreto sulle Semplificazioni Fiscali (si fa per dire) tra le altre norme ne ha prevista una che interessa sia la platea del cosiddetto “terzo settore” che ovviamente tutti coloro che si rapportano con esso.

Infatti il decreto in esame ha finalmente eliminato (o quanto meno dovrebbe eliminare) la querelle sulla distinzione tra prestazioni di pubblicità e di sponsorizzazione sia ai fini della deducibilità del costo che per la detrazione dell’iva; la ratio che ha spinto il legislatore ad inserire tale norma la si comprende dalla affermazione contenuta nella relazione illustrativa all’art. 29 del decreto sulle semplificazioni fiscali, dove si afferma che:
“La semplificazione è operata nell’ottica della riduzione del contenzioso” dovuto aggiungiamo noi  in particolare alla difficoltà di distinguere tra le prestazioni di pubblicità e di sponsorizzazione.

Gli interessi sono ovviamente reciproci:
dal lato del terzo settore usufruiscono di questa disposizione le seguenti categorie di soggetti:
- le associazioni sportive dilettantistiche che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo massimo di 250.000 euro;
- le associazioni senza scopo di lucro e le associazioni pro loco;
- le società sportive costituite sotto forma di società di capitali senza scopo di lucro
- le associazioni bandistiche e cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente costituite senza scopo di lucro.
L’art. 29 del decreto sulle semplificazioni fiscali modifica l’art. 74, comma 6, D.P.R. n. 633/1972; grazie a questa modifica si aumenta al 50% la detrazione forfettaria IVA riconosciuta per le operazioni di sponsorizzazioni.

Ciò che maggiormente interessa dell’articolo 29 del decreto è però senza dubbio l’affermazione contenuta nella relazione illustrativa allo stesso articolo 29 dove si afferma che “La semplificazione è operata nell’ottica della riduzione del contenzioso”.
Questa affermazione – in base alla quale si è assunta l’assimilazione delle spese sponsorizzazione a quelle di pubblicità per evitare e ridurre il contenzioso - risulta essere di particolare importanza non solo per il contenzioso in essere - e che coinvolge il settore delle imposte dirette e delle indirette – ma anche per una estensione logica che potrebbe darsi a questa assimilazione.

A prima vista infatti sembrerebbe che la modifica introdotta dovrebbe interessare i soli soggetti che ricevono il finanziamento (ovvero beni o servizi), e cioè il terzo settorea parere di chi scrive invece la diversa qualificazione delle spese di sponsorizzazione “assimilate” a quelle di pubblicità dovrebbe poter rilevare anche per i soggetti che concedono la sponsorizzazione, con notevoli ricadute positive.

Vediamo il perché.

Prima del decreto semplificazioni normalmente accadeva che – soprattutto in caso di verifica fiscale - gli accertatori parificassero tout court le spese di sponsorizzazione a quelle di rappresentanza; questo determinava delle conseguenze deleterie per lo sponsor poiché tali erogazioni – alias sponsorizzazioni - venivano considerate deducibili per l’erogatore in misura forfettaria e solo in presenza dei requisiti di inerenza e congruità così come stabilito dal D. M. 19 novembre 2008.
In sostanza laddove vi fossero i requisiti (di inerenza e congruità) lo sponsor - a seguito della verifica fiscale o in base ad un suo prudenziale comportamento - poteva dedurre appunto in misura forfetaria (in base al volume dei ricavi dell’impresa) il costo sostenuto; in pratica fatto 100 la spesa di sponsorizzazione accadeva che allo sponsor venisse considerata deducibile solo una piccola percentuale di quel costo.
Ad aggravare la situazione poi ci pensava il trattamento riservato alle stesse Spese di Rappresentanza dal lato delle Imposte Indirette (IVA) che prevede per esse la totale indetraibilità dell’iva (il DPR 633/1972 all’art.19-bis1 lettera h afferma che “non è ammessa la detrazione dell’IVA relativa alle spese di rappresentanza….”).

Dopo il decreto semplificazioni e “nell’ottica della riduzione del contenzioso” accadrà che:
per il terzo settore
essendovi assimilazione delle spese sponsorizzazione a quelle di pubblicità, a costoro sarà riconosciuta la detrazione forfettaria dell’iva cosi come sancito dall’art. 74, comma 6, D.P.R. n. 633/1972; grazie ad esso si aumenterà al 50% la detrazione forfettaria IVA riconosciuta anche alle operazioni di sponsorizzazione e non solo a quelle di pubblicità.
Questi operatori all’atto della liquidazione dell’iva dovranno versare il 50% dell’iva esposta sia per le prestazioni di pubblicità che per quelle di sponsorizzazione.

Dal lato dello Sponsor
in virtù del decreto la diversa qualificazione delle spese di sponsorizzazione “assimilate” a quelle di pubblicità dovrebbe poter rilevare anche per i soggetti che concedono lo sponsor, con notevoli ricadute positive; infatti accadrà che per lo sponsor le spese di sponsorizzazione potrebbero essere integralmente deducibili nell’anno in cui sono state sostenute (oppure in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi),equivalendo a quelle di pubblicità, così come sancito dall’art. 108 TUIR.
Ed anche ai fini delle Imposte Indirette la ricaduta sarà evidentemente positiva poiché le spese di sponsorizzazione equivalendo a quelle di pubblicità vedranno riconosciuta la totale detraibilità dell’iva senza doversi scervellare in assurde interpretazioni tra le varie tipologie di spesa.

A questo punto è forse più semplice comprendere come la differente qualificazione delle spese sostenute da un soggetto che avesse erogato uno sponsor tra il comparto delle spese di pubblicità piuttosto che tra quelle di rappresentanza incide in misura sostanziale sia sulla deducibilità del costo sia sulla detraibilità dell’IVA.
Ed è proprio questa diversificazione (ed interpretazione ad unica via da parte del fisco) che ha provocato l’enorme contenzioso in essere, poiché l’Agenzia delle Entrate annovera in modo pressoché automatico le spese di sponsorizzazione tra quelle di rappresentanza, non tenendo minimamente conto che l’orientamento della Suprema Corte, ai fini della corretta qualificazione delle spese di sponsorizzazione, è quantomeno quello di verificare quale fosse la strategia aziendale.

Per l’ufficio verificatore il criterio che ha discriminato la scelta tra considerare una spesa come di rappresentanza piuttosto che di pubblicità è stato finora (e si spera non sarà più) la “diversità” degli obiettivi da raggiungere: venivano considerate spese di rappresentanza tutte quelle che hanno come obiettivo la crescita dell’immagine ed il maggior prestigio, mentre le spese di pubblicità o di sponsorizzazione hanno una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale e di clientela (per tutte, Cass., sentenza n. 15318 del 4 luglio 2014).

Si spera che l’interpretazione autentica del legislatore fughi d’ora in poi (e probabilmente anche per il passato per il principio del favor rei) ogni dubbio interpretativo assimilando le spese di sponsorizzazione una volta per tutte a quelle di pubblicità in tutti i comparti delle imposte.


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