mercoledì 17 luglio 2013

Una sola autorizzazione vale per più ispezioni del Fisco

Da http://www.eutekne.info

Per la Cassazione, ciò vale nel caso in cui la verifica, per la sua complessità, richiede più interventi nella sede del contribuente
Gli accessi della Guardia di Finanza e dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate presso la sede del contribuente non devono essere singolarmente autorizzati in via preventiva mediante apposito atto, essendo sufficiente, per una pluralità di accessi distanziati nel tempo, una sola autorizzazione rilasciata dal Capo Ufficio o dal Comandante del Reparto da cui dipendono i verificatori. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 17357 di ieri, 16 luglio.

L’art. 52 del DPR 633/1972, richiamato anche dall’art. 33 del DPR 600/1973, in materia di imposte dirette, stabilisce che i funzionari che accedono presso la sede dell’attività del contribuente per eseguire controlli o verifiche devono essere muniti di un’apposita autorizzazione rilasciata dal Capo dell’Ufficio dal quale dipendono.
Nel caso di specie, la GdF aveva effettuato due accessi, a distanza di tempo l’uno dall’altro, ma in forza dello stesso ordine di servizio. Per il contribuente, il secondo accesso non poteva ritenersi legittimo, atteso che non era assistito da una sua autonoma autorizzazione e dal momento che il citato ordine di servizio sarebbe stato utile solo per il primo accesso eseguito dai militari. Dall’illegittimità della verifica sarebbe conseguita, secondo il ricorrente, la nullità dell’avviso di accertamento.

La Cassazione, però, ha stabilito che l’art. 52 sopra richiamato non richiede che l’autorizzazione sia reiterata per ogni singolo accesso ispettivo, ben potendo essere rilasciata in via preventiva per una pluralità di accessi, quando, come nel caso di specie, l’effettuazione della verifica, per la sua complessità, richiede più interventi presso la sede del contribuente, non venendo per questo meno l’unitarietà complessiva dell’operazione, né potendosi ravvisare una lesione dei diritti di difesa del contribuente.
In effetti, sarebbe superflua una specifica autorizzazione per ogni singolo accesso e, anche sotto il profilo operativo, una simile impostazione creerebbe non poche difficoltà gestionali al Fisco. Un medesimo controllo o una stessa verifica, del resto, possono proseguire anche per diversi giorni o mesi, in funzione della complessità delle operazioni da svolgere.

La questione, tuttavia, assume connotati differenti se gli accessi non riguardano un medesimo controllo o verifica, ovvero se le attività ispettive “oltrepassano” il contenuto dell’incarico rilasciato per il primo accesso.
Si ricorda, infatti, che l’art. 52 citato prevede espressamente che l’autorizzazione debba recare l’indicazione dello scopo dell’accesso e, quindi, si ritiene che questa possa essere valida solo per quel determinato fine, ad esempio una verifica parziale IVA per l’anno d’imposta 2010.

Nuovo atto se lo scopo dell’accesso è diverso

Se gli accessi successivi hanno ad oggetto, allora, il controllo di costi ai fini reddituali, pare evidente che detto accesso deve essere preventivamente autorizzato con un apposito nuovo atto, dato che la precedente autorizzazione ha un oggetto differente. In quest’ultimo caso, insomma, per dirla con le parole della Cassazione, non si verte in ipotesi di “unitarietà complessiva dell’operazione” frazionata su più accessi, per cui è sufficiente una sola autorizzazione.

È opportuno ricordare, poi, che l’autorizzazione all’accesso presso le sedi del contribuente non può mai considerarsi a tempo indeterminato, poiché, ai sensi dell’art. 12, comma 5 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000), la permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente non può essere superiore ai trenta giorni lavorativi effettivi, prorogabili di ulteriori trenta; se si tratta di controlli nei confronti di contribuenti in contabilità semplificata o lavoratori autonomi, il limite previsto è di quindici giorni, prorogabili di ulteriori quindici, ma comunque nell’arco di un trimestre.

La Suprema Corte, peraltro, ha ripetutamente stabilito che, non esistendo in ambito tributario un principio di inutilizzabilità delle prove irritualmente acquisite come quello previsto nel penale, gli accessi presso le sedi dei contribuenti non preventivamente autorizzati non comportano pregiudizio alcuno nei confronti del conseguente atto impositivo che si fondi su quelle prove irritualmente acquisite durante gli accessi illegittimi non autorizzati (cfr. Cass. 3388/2010). Alla luce di tale principio, quindi, risulterebbe assorbita la questione affrontata con la pronuncia in commento.

Al contribuente resta la possibilità, per quanto essa costituisca forse un flebile rimedio, di richiedere tutela al Garante ex art. 13 dello Statuto, nei casi in cui i verificatori procedano irritualmente o in violazione di legge e, quindi, anche in assenza di apposita autorizzazione o di un atto autorizzativo non regolare, perché, ad esempio, non ricomprendente le operazioni oggetto di accesso, carente dell’indicazione dello scopo di tale accesso, ovvero privo della ragione che ha determinato il controllo.


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